- Aida Blanchett
Elena Tione Presidente VULVODINIA.INFO ONLUS - Qualifica professionale :
Mind-Body Health Coach per donne con dolore pelvico
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Anche quest'anno non dimenticarti delle oltre 4 milioni di italiane che soffrono di vulvodinia!
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Tutti i consigli vanno seguiti sotto la propria respons-abilità e valutati col proprio medico curante, al quale nessuno senza gli stessi titoli e autorizzazioni può legalmente ed eticamente sostituirsi.
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La terapia farmacologica ❖ Vulvodinia.info
Lun 13 Dic 2010, 06:55
Articolo tratto da disturbivulvari.it, sito che di recente è stato eliminato (pertanto, non scrivete all'email riportata!).
La terapia per la vestibolite fino a pochi anni fa non c’erano cure e molte donne sono state disastrosamente trattate con terapie disastrose come la vaporizzazione laser o la resezione chirurgica del vestibolo.
Oggi esistono alcune terapie efficaci, anche se, comunque, rimane una malattia difficile da curare.
Dal momento che si tratta di una forma di nevrite la terapia farmacologica prevede l'uso di specifici farmaci anti-infiammatori attivi sul tessuto nervoso.
Il sistema nervoso, sia centrale (il cervello), sia periferico (le fibre e le terminazioni nervose), è costituito sempre dalle stesse cellule, sia pure con funzioni ed attività molto differenziate.
È ovvio, quindi, che per curare una affezione delle fibre nervose periferiche si dovranno utilizzare sostanze che possiedano una qualche attività sul tessuto nervoso in generale e, anche se a noi può non piacere, la natura non fa distinzioni tra cervello e nervi.
È un grosso errore, quindi, pensare che per curare la fibromialgia si usino degli “psicofarmaci”. In realtà si devono necessariamente (e non può essere altrimenti) utilizzare farmaci efficaci sul “tessuto nervoso” in generale.
Spesso tali farmaci possiedono un certo effetto sul cervello e un effetto molto differente sulle fibre nervose.
I farmaci più efficaci sono costituiti da alcuni farmaci nati come antidepressivi. A dosaggio molto basso tali farmaci non possiedono attività antidepressiva ma si rivelano degli ottimi antinevralgici.
Un farmaco antiepilettico è stato introdotto, recentemente, per la terapia del dolore “nocicettivo” con degli ottimi risultati.
Questi farmaci vanno sempre associati ad una efficace terapia miorilassante. Infatti, i soggetti fibromialgici tendono ad avere una fortissima contrattura muscolare, in parte, provocata dal dolore. Tale contrattura provoca dolore il quale, a sua volta, aumenta la contrattura con un circolo vizioso dolore-contrattura-dolore che, necessariamente va interrotto.
Esistono alcuni miorilassanti ritenuti specifici per la fibromialgia ma, indubbiamente, i farmaci più efficaci in tal senso risultano alcuni sedativi.
È stato ben dimostrato come uno stato depressivo sia presente in molti pazienti (si tratta di persone doloranti e con alterazione del metabolismo della serotonina che, a livello centrale, svolge un ruolo cruciale sul tono dell’umore).
Il più delle volte si tratta di una depressione “reattiva” legata allo stato doloroso cronico: alcuni studi hanno dimostrato che la fibromialgia è in grado di indurre “depressione da dolore” più dell'artrite reumatoide.
Oltre alle terapie farmacologiche si sono rivelate efficaci anche altre terapie non-farmacologiche. Tra queste buoni risultati sino stati riportati tramite il bio feed-back. Altri ricercatori riportano buoni risultati con terapie analoghe ma più invasive con l’uso di aghi (neuralterapie: iniezione locale di anestetico) o con l’uso di stimoli elettrici (sul tipo della tecnica TENS che tutti conoscono).
Negli U.S.A. viene molto usata la tecnica di inattivazione dei punti dolorosi mediante uso di spray freddo seguito da allungamenti muscolari (tecnica dello strech and spray) o l’iniezione nei punti tender con soluzione fisiologica. Sempre negli Stati Uniti è stata ideata la tecnica della “compressione ischemica” (compressione digitale dei punti dolorosi), poco utilizzata nei paesi europei perché ritenuta molto dolorosa (la tecnica cosiddetta “dermoriflessa” rappresenta semplicemente un perfezionamento, non aggressivo e non doloroso, della tecnica della compressione ischemica).
In ogni caso non esiste una terapia uguale per tutti: ogni paziente fa caso a sé e ogni paziente risponde in modo diverso, per cui la terapia va “personalizzata” sul singolo individuo.
La percentuale di guarigioni è molto buona.
Occorre, tuttavia, sottolineare come si tratti di una terapia non facile in cui il paziente deve essere seguito costantemente nel tempo.
Per ottenere una guarigione in tempi ragionevoli occorre "ottimizzare" la terapia ed evitare il rischio (frequente) di dosaggi troppo bassi (con settimane o mesi di terapia inutile, sintomatica ma non risolutiva) o di dosaggi troppo elevati (per quel particolare paziente) con peggioramento della sintomatologia.
I tempi di guarigione variano molto: gli ultimi studi sembrano indicare un tempo medio di due mesi di terapia per ogni anno di malattia.
Le recidive sono la regola nel caso di una terapia fatta malamente (sconsigliato il fai-da-te o una terapia condotta da un medico con scarsa esperienza).
Anche in caso di terapia adeguata si possono avere episodi di recidive (presumibilmente a causa di fattori peggiorativi esterni) che, però, rispondono prontamente e regrediscono in tempi brevi.
In ogni caso la percentuale di guarigioni è molto buona e tende ad aumentare con la messa a punto di sempre nuove terapie.
Attenzione: da questo documento sono state eliminate indicazioni specifiche di principi attivi e di farmaci. I medici interessati a visionare i documenti a loro indirizzati possono inviare un mail ad info@disturbivulvari.it, e potranno ricevere (in forma gratuita e non collegata a nessuna casa farmaceutica) ulteriori informazioni scientifiche, oltre ai riferimenti bibliografici di quanto presentato.
Lo scopo di questo sito è di divulgare il più possibile il tema dei disturbi vulvari e NON di favorire l'autodiagnosi e l'autocura (assolutamente impossibile). Troppo spesso ci si trova di fronte a medici che ancora non conoscono questi problemi e che costringono le pazienti a visite, esami e terapie inutili ed inconcludenti. Noi vorremmo porre fine a tutto questo...
Oggi esistono alcune terapie efficaci, anche se, comunque, rimane una malattia difficile da curare.
Dal momento che si tratta di una forma di nevrite la terapia farmacologica prevede l'uso di specifici farmaci anti-infiammatori attivi sul tessuto nervoso.
Il sistema nervoso, sia centrale (il cervello), sia periferico (le fibre e le terminazioni nervose), è costituito sempre dalle stesse cellule, sia pure con funzioni ed attività molto differenziate.
È ovvio, quindi, che per curare una affezione delle fibre nervose periferiche si dovranno utilizzare sostanze che possiedano una qualche attività sul tessuto nervoso in generale e, anche se a noi può non piacere, la natura non fa distinzioni tra cervello e nervi.
È un grosso errore, quindi, pensare che per curare la fibromialgia si usino degli “psicofarmaci”. In realtà si devono necessariamente (e non può essere altrimenti) utilizzare farmaci efficaci sul “tessuto nervoso” in generale.
Spesso tali farmaci possiedono un certo effetto sul cervello e un effetto molto differente sulle fibre nervose.
I farmaci più efficaci sono costituiti da alcuni farmaci nati come antidepressivi. A dosaggio molto basso tali farmaci non possiedono attività antidepressiva ma si rivelano degli ottimi antinevralgici.
Un farmaco antiepilettico è stato introdotto, recentemente, per la terapia del dolore “nocicettivo” con degli ottimi risultati.
Questi farmaci vanno sempre associati ad una efficace terapia miorilassante. Infatti, i soggetti fibromialgici tendono ad avere una fortissima contrattura muscolare, in parte, provocata dal dolore. Tale contrattura provoca dolore il quale, a sua volta, aumenta la contrattura con un circolo vizioso dolore-contrattura-dolore che, necessariamente va interrotto.
Esistono alcuni miorilassanti ritenuti specifici per la fibromialgia ma, indubbiamente, i farmaci più efficaci in tal senso risultano alcuni sedativi.
È stato ben dimostrato come uno stato depressivo sia presente in molti pazienti (si tratta di persone doloranti e con alterazione del metabolismo della serotonina che, a livello centrale, svolge un ruolo cruciale sul tono dell’umore).
Il più delle volte si tratta di una depressione “reattiva” legata allo stato doloroso cronico: alcuni studi hanno dimostrato che la fibromialgia è in grado di indurre “depressione da dolore” più dell'artrite reumatoide.
Oltre alle terapie farmacologiche si sono rivelate efficaci anche altre terapie non-farmacologiche. Tra queste buoni risultati sino stati riportati tramite il bio feed-back. Altri ricercatori riportano buoni risultati con terapie analoghe ma più invasive con l’uso di aghi (neuralterapie: iniezione locale di anestetico) o con l’uso di stimoli elettrici (sul tipo della tecnica TENS che tutti conoscono).
Negli U.S.A. viene molto usata la tecnica di inattivazione dei punti dolorosi mediante uso di spray freddo seguito da allungamenti muscolari (tecnica dello strech and spray) o l’iniezione nei punti tender con soluzione fisiologica. Sempre negli Stati Uniti è stata ideata la tecnica della “compressione ischemica” (compressione digitale dei punti dolorosi), poco utilizzata nei paesi europei perché ritenuta molto dolorosa (la tecnica cosiddetta “dermoriflessa” rappresenta semplicemente un perfezionamento, non aggressivo e non doloroso, della tecnica della compressione ischemica).
In ogni caso non esiste una terapia uguale per tutti: ogni paziente fa caso a sé e ogni paziente risponde in modo diverso, per cui la terapia va “personalizzata” sul singolo individuo.
La percentuale di guarigioni è molto buona.
Occorre, tuttavia, sottolineare come si tratti di una terapia non facile in cui il paziente deve essere seguito costantemente nel tempo.
Per ottenere una guarigione in tempi ragionevoli occorre "ottimizzare" la terapia ed evitare il rischio (frequente) di dosaggi troppo bassi (con settimane o mesi di terapia inutile, sintomatica ma non risolutiva) o di dosaggi troppo elevati (per quel particolare paziente) con peggioramento della sintomatologia.
I tempi di guarigione variano molto: gli ultimi studi sembrano indicare un tempo medio di due mesi di terapia per ogni anno di malattia.
Le recidive sono la regola nel caso di una terapia fatta malamente (sconsigliato il fai-da-te o una terapia condotta da un medico con scarsa esperienza).
Anche in caso di terapia adeguata si possono avere episodi di recidive (presumibilmente a causa di fattori peggiorativi esterni) che, però, rispondono prontamente e regrediscono in tempi brevi.
In ogni caso la percentuale di guarigioni è molto buona e tende ad aumentare con la messa a punto di sempre nuove terapie.
Attenzione: da questo documento sono state eliminate indicazioni specifiche di principi attivi e di farmaci. I medici interessati a visionare i documenti a loro indirizzati possono inviare un mail ad info@disturbivulvari.it, e potranno ricevere (in forma gratuita e non collegata a nessuna casa farmaceutica) ulteriori informazioni scientifiche, oltre ai riferimenti bibliografici di quanto presentato.
Lo scopo di questo sito è di divulgare il più possibile il tema dei disturbi vulvari e NON di favorire l'autodiagnosi e l'autocura (assolutamente impossibile). Troppo spesso ci si trova di fronte a medici che ancora non conoscono questi problemi e che costringono le pazienti a visite, esami e terapie inutili ed inconcludenti. Noi vorremmo porre fine a tutto questo...
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Anno di nascita : 1977
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Re: La terapia farmacologica ❖ Vulvodinia.info
Mer 06 Lug 2011, 22:59
Finnerup N.B., Sindrup S.H., Jensen T.S.
Recent advances in pharmacological treatment of neuropathic pain
F1000 Medicine Reports 2(52):2010
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