- Aida Blanchett
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• Vulvodinia, vestibulodinia -detta impropriamente vestibolite vulvare: il tuo PuntoInfo •
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Benarrivata! Sei su VULVODINIA.INFO, prima organizzazione italiana no profit di ascolto e supporto della donna affetta da dolore e bruciore genitale cronico • il primo sito & forum italiano no profit interamente dedicato a: bruciore vulvare • bruciore intimo • dolore vulvare • prurito vulvare • prurito intimo che non va via • fastidio vulvare • mastocita sovraregolato • polimorfismo genico • ipertono pavimento pelvico • allodinia vulvare • disturbi vulvari • disturbi intimi • uretriti • false cistiti • penetrazione dolorosa • clitoralgia • dolore post-coitale
Questa è un'organizzazione di volontariato online fondata nel maggio 2010 da [url=https://www.vulvodiniapuntoinfo.com/h12-la-fondatrice-del-sito-vulvodiniapuntoinfo]Aida Blanchett[/url], una donna che ha sofferto di questi disturbi per moltissimi anni.
Aida vuole che il suo dolore non sia stato invano, vuole risparmiarlo ad altre donne. Ha costruito un punto di aiuto e conforto per loro, nella speranza che più nessuna debba soffrire come ha sofferto lei, mai più. Ha creato tutto questo affinché non si ripeta ciò che è accaduto a lei, tanti anni fa (2001)!
Qui puoi ottenere ogni sorta d'informazione sulla Vulvodinia gratuitamente, senza bisogno di tesseramenti o quote da versare.
Non sentitevi più soli.
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VULVODINIA.INFO è nato per le donne, per essere il nostro punto di infoconfronto e il tuo rifugio di conforto, ed è nato per i professionisti della salute, per offrire un puntoinfo visibile e condivisibile in pubblico corredato da un'ampia bibliografia medico-scientifica. Per maggiori info, scarica il Report informativo sulla Vulvodinia e iscriviti alla Newsletter ->START HEAR, ascolta!
Sintomi?
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Sintomi?
... Ti brucia? Senti come degli aghi/spilli che ti trafiggono il pube, la vulva? Scosse elettriche? Sensazione di avere un'abrasione all'entrata della tua vagina? Hai dolore mentre provi a far l'amore? Hai sintomi come se avessi una vaginite o una cistite, ma spesso il tampone e l'urinocoltura sono negativi, oppure prendi l'antibiotico ma non passa niente, anzi, il bruciore peggiora?
Allora hai provato anche con gli antimicotici, perché gli antibiotici ti hanno scatenato una Candidosi, ma ti sembra siano inutili, o ti sembra di stare addirittura peggio? I pantaloni ti irritano e non riesci a stare seduta dalla forte irritazione? Senso di peso sovrapubico? Hai fatto mille analisi, molto spesso negative? Fatte mille cure, ma il bruciore è ancora lì a tormentarti notte e giorno? Hai cambiato mille medici, e alla fine tutti ti dicono
che non hai niente che non va e il dolore "è tutto nella tua testa"? Non è così, stai tranquilla!
Potrebbe trattarsi di Vulvodinia.
Cosa è?
Si tratta di un'infiammazione dei piccoli nervi che irradiano i genitali, accompagnata da una contarttura muscolare del pavimento pelvico.
Home: https://www.vulvodiniapuntoinfo.com
06/04/2012 Il Report è approvato dall'Associazione Italiana Vulvodinia Onlus (AIV Onlus- fondatore e direttore scientifico dr. Filippo Murina):
Importante documento divulgativo sulla vulvodinia
Per gentile concessione della Sig.ra Aida Blanchett, amministratrice del sito web vulvodinia.info, segnaliamo un importante documento divulvativo sulla vulvodinia. La pubblicazione affronta in modo semplice,competente ed esauriente molte delle tematiche inerenti la malattia. La sinergia d'intenti nel contrastare l'ignoranza che ancora contraddistingue le tematiche inerenti il dolore vulvarecronico, accomuna AIV e vulvodinia.info; l'unione fa la forza!!!
• Per un interessante video in cui il dr. Filippo Murina spiega cosa è la vulvodinia, le cause, le terapie >>>clicca qui
❖ Per i Sigg. Medici, Professionisti della Salute e per chiunque voglia approfondire: link diretto alla cartella Bibliografia Medico-Scientifica: prego cliccare >qui< per tutti gli approfondimenti in letteratura e in Medline (Pubmed >> keyword: Vulvodynia).
Alcuni concetti di base:
Alcuni concetti di base:
- Perché nei giorni precedenti la mestruazione i bruciori e gli spilli peggiorano?
È normale avere piccoli peggioramenti (acidità, segni di contrattura, spilletti) in premestruo; dipende dall'affinità e sinergia recettoriale tra gli estrogeni e i mastociti.
(tratto da una spiegazione a una paziente del dott. Cappellano).
- Usare il termine "vestibolite" è improprio: lo usiamo per comodità spesso sostituendolo a "vestibulodinia" o anche a "vulvodinia". Leggendo le spiegazioni scientifiche qui di seguito si chiariranno tutti i dubbi: ho la vestibolite? Che differenza c'è fra vestibolite e vulvodinia? Perché parlare di vestibolite è scorretto, quando abbiamo a che vedere con vulvodinia e/o vestibulodinia o sindrome vulvovestibolare (sovrapposizione)?
L'uso che è rintracciabile in forum del termine vestibolite si riferisce sia alla vulvodinia che alla vestibulodinia o a entrambe le sindromi (quindi sindrome vulvovestibolare. Questa è una locuzione che viene abbreviata in svv), ma ribadisco che vestibolite significa soltanto "infiammazione del vestibolo vulvare", e poiché tale infiammazione può essere determinata da svariate cause non neuropatiche (vulvovaginiti batteriche e/o micotiche, vaginosi, allergie etc), è bene cercare di limitarne l'uso quando si parla di vulvodinia e/o vestibulodinia (=allodinia=infiammazione delle fibre nervose). Per tale discrimen si veda anche >> Diagnosi
sul ruolo del mastocita, oltre agli articoli in questo thread, vedansi anche:
>>> https://www.vulvodiniapuntoinfo.com/t799-mastocita-e-vulvodinia
>>>[url= https://www.vulvodiniapuntoinfo.com/t804-gel-agli-aliamidi] https://www.vulvodiniapuntoinfo.com/t804-gel-agli-aliamidi[/url]
Focus sulla vulvodinia [fra parentesi quadre e in blu i miei commenti al testo]
Dr. Filippo Murina, Primo Referente Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano. Direttore Scientifico Associazione Italiana Vulvodinia (AIV - vulvodinia.org)
L’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) definisce la vulvodinia come un disturbo vulvare spesso descritto come bruciore, dolore o dispareunia, in assenza di alterazioni obiettive visibili di un qualche rilievo o di specifici disturbi neurologici clinicamente identificabili, della durata di almeno 3 mesi. 1
La malattia viene classificata in relazione a due aspetti fondamentali: la sede e le caratteristiche dei disturbi. Si definisce localizzata una forma dove i sintomi sono presenti in una zona circoscritta della regione vulvare; nella maggior parte delle pazienti (80% circa) il vestibolo vaginale è la sede dove è concentrato il bruciore, in questi casi si parla di vestibolodinia. Il vestibolo, la “porta d’ingresso “ alla vagina, è un’area vulvare compresa anteriormente dal frenulo del clitoride e dalla commessura labiale posteriore o forchetta; il bordo più interno è dato dal margine dei residui imenali ed il bordo laterale da un confine ideale, la cosiddetta linea di Hart. Una delle principali caratteristiche anatomo-funzionali del vestibolo vaginale è rappresentata dalla presenza di una ricca ramificazione di terminazioni libere del nervo pudendo, in misura maggiore rispetto a quanto avviene nella vagina. Queste sono di fatto i recettori del dolore e si trovano subito al di sotto della mucosa, formando un intreccio di reti sensitive pronte a trasmettere lo stimolo sia tattile che dolorifico in corrispondenza del midollo spinale.
La vulvodinia localizzata, seppur raramente, si può ritrovare anche in altre regioni vulvari, come ad esempio il clitoride (clitoridodinia).
Queste forme sono sovente innescate da eventi traumatici (es.traumi da bicicletta), e sono di gestione problematica visto la particolarità della regione clitoridea (organo erettile riccamente innervato).
La vulvodinia può interessare anche gran parte della regione vulvare (vulvodinia generalizzata), perineo e zona anale compresa. Quando i disturbi sono evocati da stimolazione, contatto, sfregamento e penetrazione vaginale, si parla di vulvodinia provocata.
Nelle pazienti dove i sintomi sono quasi sempre presenti, indipendentemente dalla stimolazione, si parla di vulvodinia spontanea.
Talora componenti diverse di vulvodinia possono sovrapporsi anche se nella pratica clinica si evidenziano due forme: la vulvodinia generalizzata
spontanea e la vestibolodinia prevalentemente provocata, quest’ultima di gran lunga la variante più frequente (80% circa dei casi).
L’eziologia [=studio della causa] della vulvodinia non è ancora completamente nota, ma numerosi sono gli studi che soprattutto negli ultimi anni hanno chiarito molti degli aspetti della malattia.
È intuitivo pensare che la vestibolodinia e la vulvodinia generalizzata possano essere due aspetti a gravità crescente della stessa malattia dove è solo il fattore tempo a determinarne le caratteristiche.
In realtà le evidenze clinico-epidemiologiche suggeriscono come le due condizioni possano essere due malattie diverse, che nascono in modo autonomo e tali si mantengono nel tempo, anche se ne è possibile un’associazione e sovrapposizione. Si ipotizza che ripetuti fattori promotori (“start”) attivino cellule immunogene, mastociti in primis, che liberano sostanze stimolanti la crescita delle terminazioni nervose libere vestibolari, principali recettori periferici del dolore.
[=" fanno crescere a dismisura le terminazioni nervose": ci sono alcune sostanze, fra le tante, in queste cellule dette mastociti (dal tedesco die Mastzelle, che vuol dire "cellula infarcita", perché appunto colma di vescicole ripiene di svariate sostanze, insomma un po' dei krapfen esplosivi urticanti), sostanze dicevo che vanno a stimolare i "nervetti" facendoli ramificare sempre più e fuori controllo..]
Uno dei principali fattori “start” è rappresentato dalle infezioni vulvo-vaginali, ed in particolare quella da Candida. La suscettibilità individuale a forme ricorrenti di Candidosi vulvo-vaginale è conseguente ad un polimorfismo genico
[Ecco qui famoso polimorfismo genico. Vorrei collegare il discorso sulla proteina MBL, Mannose Binding Lectine, "lectina legante il mannosio", che è una proteina antimicrobica. Pare che in molte donne vulvodinichei funzioni male a causa di una "difettosa" codificazione del gene che la regola. Inoltre pare che in questo modo le sostanze proinfiammatorie non vengano "spente" quando la noxa, il danno sparisce (danno che può essere tissutale, microbico, traumatico, da intrappolamento dei nervi etc., sovente un insieme di questi).
Per es.: ho avuto un trauma tissutale da sfregamento, il tessuto si rimargina, torna sano, ma io continuo a bruciare, oppure ho avuto una candidosi, che viene curata, ma l'infiammazione non passa).]
ad un polimorfismo genico che coinvolge il sistema delle interleuchine, sostanze endogene deputate al controllo e regolazione dell’infiammazione, in questo caso a genesi micotica3 [=dovuta a un'infezione da Candida mutata in forma patogena. Condizione definita candidosi o candidiasi. Per maggiori info clicca qui]
Si è dimostrato, inoltre, che l’allele-2 del gene che codifica l’antagonistaper il recettore dell’ interleuchina-1 alfa è presente in forma di omozigosi in circa il 55% delle donne con vestibolodinia; come pure il gene per l’interleuchina-1 beta è sede di polimorfismo in elevata percentuale di queste pazienti.4,5 In pratica la predisposizione genetica alla vulvodinia ha elementi di forte legame con il mantenimento di forme ricorrenti di candidosi vulvo-vaginale. Nelle donne con vestibolodinia è stata evidenziata un’elevata concentrazione di mastociti, soprattutto in forma de-granulata; l’infiltrato infiammatorio mastocitario è concentrato nella sottomucosa, in particolare in zone adiacenti alle ghiandole vestibolari minori.5
Ulteriore elemento rilevato rispetto ai controlli è stata la concentrazione, fino a dieci volte più elevata, di terminazioni nervose libere; in buona sostanza si è riscontrata una correlazione significativa tra il numero totale di fibre nervose vestibolari e la quantità di mastociti nelle donne con vestibolodinia rispetto ai controlli.
L’alterata percezione periferica dello stimolo doloroso (iperalgesia e/o allodinia) progressivamente induce una modificazione dei circuiti centrali del dolore (spinali e cerebrali), che si abituano a percepire in modo anomalo ed esagerato gli stimoli, perpetuando di fatto il circolo vizioso(sensibilizzazione centrale). Le ricche connessioni delle vie cerebrali del dolore con la corteccia frontale, sede dell’elaborazione psico-emozionale del dolore, rendono ragione degli elementi di elaborazione e predisposizione psico-biologica della malattia.
La vulvodinia può essere inserita nell’ambito di una Complex Regional Pain Syndrome (CRPS), ossia di una di quelle sindromi complesse caratterizzate da dolore cronico distrettuale di tipo neuropatico e che includono:
a. Dolore provocato e/o spontaneo ( iperalgesia ed allodinia)
b. Modificazioni recettoriali periferiche (Sensibilizzazione centrale)
La muscolatura del pavimento pelvico assume un ruolo importante nei meccanismi patogenetici della vulvodinia, ciò in particolare per la frequente condizione di ipertono. 6
L’esplorazione digitale spesso accentua il dolore in corrispondenza dei fasci del muscolo pubococcigeo, principale componente muscolare del pavimento pelvico. Poiché le fibre sensitive e motorie sia della vulva che del muscolo pubococcigeo sono branche del plesso del nervo pudendo, contenendo fibre che originano dalle radici nervose di S3 e S4, si è ipotizzato che l’ipersensibilità vestibolare destabilizzi la muscolatura del pavimento pelvico. L’ ipertono è la principale alterazione muscolare ma una valutazione elettromiografia può evidenziare altri elementi di alterata funzionalità della muscolatura pelvica,quali un’instabilità a riposo ed uno scarso controllo in contrazione e rilassamento. 6
Questo non è fonte di sorpresa, in quanto è ben noto che in ogni area del corpo dove la componente sottocutanea è interessata da uno stimolo nocicettivo, la struttura muscolare locale reagisce aumentando la propria forza tensiva, come un processo di reazione naturale di difesa finalizzato a proteggere l’area dal dolore. In buona sostanza la tensione muscolare è conseguenza del dolore vulvare. Si è ipotizzato, invece, che la muscolatura pelvica possa svolgere un ruolo primario nell’insorgenza del dolore vestibolare. In pratica l’elevato tono muscolare provocherebbe una prolungata vasocostrizione in grado di indurre un processo ischemico, con liberazione di mediatori algogeni, istamina in primis. 7
[=in pratica il muscolo stringe i vasi sanguigni che così non irrorano più bene i tessuti, si verifica ipossia, cioè mancanza di ossigeno - il sangue porta i nutrienti e l'ossigeno, e riprende indietro le sostanze di scarto. Se c'è questa stènosi, e quindi si verifica un'ischemìa (= greco antico ισχαιμία, isch- =riduzione, haima =sangue, è una riduzione dell'apporto di sangue con un risultante danno o disfunzione del tessuto) cioè questa morsa, ciò non avviene e capite che si accumulano sostanze di scarto nei tessuti, che quindi soffrono e s'infiammano.. si danneggiano.. un po' come i rifiuti che non vengono portati via in una popolazione che muore di fame immersa in un'aria inquinata.. rende l'idea.]
Il circolo vizioso tenderebbe ad auto mantenersi accentuando l‘alterazione muscolare e la sintomatologia dolorosa vestibolare (reflex sympathetic dystrophy). A supporto di questa teoria c’è l’osservazione che un processo riabilitativo della muscolatura pelvica (biofeedback elettromiografico) può risolvere la sintomatologia dolorosa vestibolare. Le recenti e sempre crescenti acquisizioni riguardo l’origine neuropatica della malattia, unitamente alle osservazioni clinico-evolutive della vestibolodinia, pongono fondati dubbi riguardo il ruolo primitivo della muscolatura pelvica nel determinismo della patologia.
[nello studio della Vulvodinia ancora non è chiaro se "sia nato prima l'uovo o la gallina". Prima il danno nervoso che irrigidisce il muscolo o prima il muscolo che schiaccia tessuti e nervi?]
Gli elementi fondamentali a supporto di ciò possono essere così riassunti:
1. La proliferazione delle fibre nervose vestibolari, come pure i processi di sensibilizzazione centrale, si sono dimostrati essere
elementi alla base della vulvodinia
2. Non esiste una proporzionalità diretta tra la gravità della sintomatologia dolorosa ed il grado d’ipertono della muscolatura pelvica
3. In un numero non limitato di pazienti, la riduzione del tono muscolare pelvico non si traduce in una riduzione dell’ipersensibilità
dolorosa vestibolare
4. La valutazione manuale della muscolatura pelvica, seppur eseguita in modo empirico e qualitativo, tende ad accentuarsi dopo stimolazione puntiforme tramite cotton fioc (swab test) dei trigger points vestibolari, a dimostrazione di una reazione muscolare di difesa della muscolatura a seguito della percezione dolorosa
5. Le modificazioni del tono muscolare (ipertono o spasmo) sono elementi associati tipici e riconosciuti delle sindromi da dolore neuropatico
6. Spesso si assiste ad una correlazione tra la durata di malattia e l’entità del tono muscolare, quasi a suggerire che maggiore è il tempo di percezione del dolore tanto superiore è la reazione di difesa muscolare.
La muscolatura pelvica deve essere valutata palpatoriamente per evidenziare tensione, trigger points di dolorabilità, ipertono, ridotta mobilità ed una anomala percezione sensitiva.
In aggiunta, si deve esaminare la forza contrattile della muscolatura, attraverso l’invito a “stringere e rilassare” i fasci muscolari attorno al dito indice inserito in vagina.
Questo stabilisce il grado di sinergia o dissinergia nel reclutamento muscolare, che è elemento fondamentale nella scelta di agire attraverso un trattamento riabilitativo.
In definitiva, seppure non sia ancora chiaro se sia nato prima “l’uovo o la gallina”, la muscolatura pelvica svolge un ruolo da non trascurare nell’approccio terapeutico alla vestibolodinia, soprattutto nelle donne con malattia presente da molto tempo.
La terapia della vulvodinia non è legata ad un protocollo terapeutico standardizzato e l’impostazione della cura deve essere personalizzata in relazione alle peculiarità di ogni paziente.
Ciononostante il clinico che gestisce la malattia deve costruire un programma che sia razionale, strutturato, multidisciplinare e, soprattutto, scevro da elementi di casualità. Si deduce, pertanto, che la terapia della vulvodinia può prevedere più strumenti da utilizzarsi in modo sincrono o metacrono.
Analizzando gli elementi fisiopatologici basilari della malattia, un orientamento terapeutico prevede l’applicazione di cure nei seguenti campi d’intervento:
1. Alterazione delle fibre nervose nocicettive e dei meccanismi di percezione del dolore a livello del Sistema Nervoso Centrale
2. Iperattività mastocitaria
3. Alterazione del pattern di contrattilità della muscolatura del pavimento pelvico
4. Azione sui fattori predisponenti e precipitanti
Alterazione delle fibre nervose nocicettive
TENS (Transcutaneous Electric Nerve Stimulation).
La tecnica prevede l’applicazione di uno stimolo elettrico nei confronti delle terminazioni nervose sottocutanee; in relazione ai parametri utilizzati
(ampiezza e durata dell’impulso) è possibile agire sulle terminazioni nervose attraverso un meccanismo neurofisiologico mirato. Il meccanismo d’azione della Tens è sostenuto dall’attivazione di sistemi d’inibizione periferica degli stimoli nocicettivi (teoria del “gate control”), nonché dallo stimolo alla produzione e liberazione di oppiodi endogeni, neuropeptidi e neuromediatori ad azione analgesica; entrambi i meccanismi d’azione non hanno una semplice azione sintomatica, ma agiscono con sinergia e gradualità ottenendo una sorta di “reset” del sistema nocicettivo, che si era abituato a veicolare in modo anomalo la percezione del dolore (iperestesia ed allodinia).
L’efficacia della tecnica è stata validata in uno studio randomizzato con placebo, nel quale si è evidenziata una percentuale di efficacia nel 75% delle pazienti; in questo caso i parametri di stimolazione sono stati scelti tenendo conto di due aspetti: le caratteristiche delle sottopopolazioni delle fibre nervose (C, Aβ ed Aδ), e la peculiarità della mucosa vestibolare, sito dove viene posizionata la sonda che emette lo stimolo elettrico. 8
TERAPIA FARMACOLOGICA
Tra i farmaci il principio attivo maggiormente utilizzato è l’amitriptilina; questa sostanza esercita un’inibizione noradrenengica e serotonergica della ricaptazione agendo primariamente sui recettori nocicettivi. Nella vulvodinia, l’amitriptilina ha evidenziato una percentuale di risposta positiva in
circa il 50-60 % dei casi ; si raccomanda di incominciare con una dose compresa tra i 5 mg ed i 25 mg, incrementando di 10-25 mg la settimana, generalmente senza superare i 150 mg al giorno. 1 Gli effetti collaterali sono spesso un fattore limitante al raggiungimento della dose terapeutica (secchezza delle fauci, sonnolenza, aumento di peso corporeo, tachicardia e disturbi dell’accomodazione visiva).
L’utilizzo appropriato di alcuni gruppi di farmaci, come gli anticonvulsivanti, poggia sulla loro azione modulatrice nei confronti dei neurotrasmettitori (GABA). La conversione di glutammato (azione eccitatoria) in GABA (azione inibitoria) e l’antagonismo nei confronti dei recettori NMDA sono i punti cardine dell’efficacia terapeutica di questi farmaci. Il principio attivo maggiormente utilizzato è la gabapentina, segue la più recente evoluzione pregabalina.
Complessivamente è riportata una risposta clinica pari al 65% dopo terapia con gabapentina. 1 Gli effetti avversi più comuni in corso di
terapia con gabapentin e pregabalina sono vertigini e sonnolenza. È consigliabile associare farmaci differenti (ad es. amitriptilina gabapentina)
per sfruttare l’azione sinergica di principi attivi differenti, consentendo di ridurre la posologia, per attenuare gli eventuali effetti collaterali.
Iperattività mastocitaria
ALIAMIDI
La palmitoiletanonolamide (PEA), fisiologicamente sintetizzata nel tessuto quando lo stimolo mastocitario diviene sovra massimale, controlla il tono degranulatorio del mastocita, attraverso un meccanismo noto con l’acronimo ALIA (Autocoid Local Injury Antagonism). La Politadina, glucoside naturale, è in grado di svolgere un’importante azione antiossidante, contrastando la degranulazione mastocitaria indotta dallo stress ossidativo. L’associazione di questi due principi attivi può essere un ottimo coadiuvante nel controllo della risposta infiammatoria propria dell’innesco, del mantenimento e della riattivazione delle alterazioni neuropatiche proprie della vulvodinia.
TERAPIA INFILTRATIVA VESTIBOLARE
In casi selezionati possono essere efficaci infiltrazioni sottomucose vestibolari di cortisonico e anestetico locale (metilprednisone o betametasone con lidocaina).9 La rapida interruzione del sintomo, l’azione antiinfiammatoria, e l’effetto inibitorio esercitato sulle nervose giustificano
l’efficacia di questa strategia.
Alterazione del pattern di contrattilità della muscolatura del pavimento pelvico
BIOFEEDBACK ELETTROMIOGRAFICO
La tecnica, messa a punto da Blazer,10 utilizza un elettromiografo di superficie collegato ad un sensore endovaginale. In questo modo, la paziente ha una visione di ritorno di quello che sta facendo e quindi ha la possibilità di vedere se esegue correttamente l’esercizio affidatogli dal terapeuta
ed eventualmente di correggersi. La finalità della terapia è consentire alla paziente d’imparare a controllare la muscolatura pelvica, riducendo progressivamente l’ipertono che la caratterizza. A differenza della TENS, il biofeedback elettromiografico non è facilmente riproducibile e risente di due fattori limitanti: l’esperienza del terapista che lo coordina e la compliance della paziente (protocolli domiciliari ripetitivi e di lunga durata) come dimostrato da un elevato numero di drop-out se comparato ad una tecnica invasiva quale la chirurgia.
Azione sui fattori predisponenti e precipitanti
FATTORI BIOLOGICI
Particolare attenzione deve essere posta nella diagnosi e cura di episodi infettivi quali le Candidosi, che devono essere approcciate in modo adeguato e competente. Fondamentale è adottare adeguate norme comportamentali migliorano l’efficacia del trattamento ed aiutano ridurre le recidive. Tra queste:
- Indossare biancheria intima di cotone bianco e pantaloni comodi ed ampi
- Usare detergenti intimi adeguati: delicati, non profumati [rammento ai gentili lettori che ogni detergente va assolutamente evitato: utilizzare solo acqua per lavarsi. Per maggiori info clicca qui]
- Evitare esercizi fisici che comportino un eccessivo sfregamento e frizione sulla regione vulvare (Es.bicicletta, ciclette o spinning)
FATTORI PSICOGENI
Un supporto psicoterapeutico può essere utile, in particolare quando in anamnesi si evidenzino elementi riferibili a traumi psichici, abusi fisici o sessuali.
Bibliografia
1. Haefner, H.K., Collins, M.E., Davis, G.D., et Al. The vulvodynia guideline, J Lower Genital Tract Disease, 9 (2005) 40-51.
2. Sarma, A.V., Foxman, B., Bayirli, B., Haefner, H. and Sobel, J., Epidemiology of vulvar vestibulitis syndrome; an exploratory case-control study, Sex Trans Inf, 75 (1999) 320-6.
3. B abula, O., Danielsson, I., Sjoberg, I., Ledger, W.J. and Witkin, S.S., Altered distribution of mannose-binding lectin alleles at exon I codon 54 in women with vulvar vestibulitis syndrome, Am J Obstet Gynecol, 191 (2004) 762-6.
4. Gerber, S., Bongiovanni, A.M., Ledger, W.J. and Witkin, S.S., Defective regulation of the proinflammatory immune response in women with
vulvar vestibulitis syndrome, Am J Obstet Gynecol, 186 (2002) 696- 700.
5. Gerber, S., Bongiovanni, A.M., Ledger, W.J. and Witkin, S.S., Interleukin-1beta polymorphism in women with vulvar vestibulitis syndrome,
Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol, 107 (2003) 74-7.
6. Glazer, H.I., Jantos, M., Hartmann, E.H. and Swenclonis, C., Electromyographic comparisons of the pelvic floor in women with dysesthetic vulvodynia
and asymptomatic women, J Reprod Med, 43 (1998) 959-962
7. Glazer, H.I., Dysesthetic vulvodynia. Long-term follow-up after treatment with surface electromyography-assisted pelvic floor muscle rehabilitation, J Reprod Med, 45 (2000) 798-802.
8. Murina F, Bianco V, Radici G, Felice R, Di Martino M, Nicolini U. Transcutaneous electrical nerve stimulation to treat vestibulodynia: a randomised
controlled trial. BJOG Aug 2008; 115:1165-1170
9. Murina F, Tassan P, Roberti P, Bianco V. Treatment of vulvar vestibulitis with submucous infiltrations of methylprednisolone and lidocaine. J Low Genit Tract Dis. 2002 Jan;6(1):62
10. Glazer HI, Rodke G, Swencionis C, Hertz R, Young AW. Treatment of vulvar vestibulitis syndrome with electromiographic biofeedback of
pelvic floor muscolature. J Reprod Med 1995;40:283-90"
Fonte
I parte
A. Graziottin 1, F. Murina 2
1 Direttore del Centro di Ginecologia, H. San Raffaele Resnati, Milano
2 Primo Referente Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano. Direttore Scientifico
Associazione Italiana Vulvodinia
Il termine vulvodinìa definisce la sindrome dolorosa vulvare. La vulvodinìa può essere spontanea o provocata.
Dal punto di vista etiologico, la vulvodinìa è in genere multifattoriale, ed è caratterizzata da:[/justify]
1) fattori predisponenti:
• biologici, costituiti da una iper-reattività del mastocita, probabilmente geneticamente determinata, a stimoli infiammatori infettivi, per esempio da candida, chimici, fisici, traumatici (incluso in microtrauma introitale durante la penetrazione in condizioni di secchezza vaginale e/o di ipertono dell’elevatore associato o meno a vaginismo); da iper-reattività del sistema muscolare locale con iperattività primaria (miogena), che può
associarsi a stipsi ostruttiva, o acquisita; da iperreattività del sistema del dolore, periferico e centrale, cui può concorrere una più alta ansia di tratto, costituzionale;
• psicogeni, costituiti da traumi psichici, abusi fisici o sessuali, negletto affettivo, che attivano una risposta cronica da stress attraverso il “corticotropin-releasing factor (CRF) signaling pathways”, con alterazioni centrali e periferiche conseguenti alla attivazione surrenalica e alla iperproduzione di glucocorticoidi che aumentano la vulnerabilità del sistema nervoso, immunitario e muscolare a noxae e stimoli algogeni esogeni ed endogeni, nonché ad alterazioni del sonno;
2) fattori precipitanti:
• biologici, costituiti da antibiotici, che possono scatenare un’infezione ricorrente da candida;
rapporti sessuali, per le microabrasioni che possono indurre a livello della mucosa vestibolare, specie se già infiammata; traumi meccanici, anche sportivi (ciclismo o spinning); lesioni iatrogene, post-episiotomia;
post laser-terapia, post-chemio o radioterapia pelvica; disendocrinie, quali il diabete con cattivo controllo glicemico e candida secondaria recidivante;
• psicogeni, per traumi acuti sessuali (abusi), affettivi, emotivi;
3) fattori di mantenimento:
• biologici e psicogeni, costituiti da persistenza di uno o più fattori predisponenti e/o precipitanti, per inadeguata diagnosi, omissione diagnostica, insufficiente terapia;
Dal punto di vista fisiopatologico
• La vestibolite vulvare, quadro clinico che ha un’etiologia di tipo infiammatorio, è caratterizzata da:
- iperattività del mastocita, che è il direttore d’orchestra di tutta la risposta flogistica locale. Esso libera nel tessuto fattori dell’infiammazione (citochine, sostanza P, tumor-necrosis-factor alpha; sostanze vasoattive) che promuovono il rossore e l’edema tessutale, il bruciore e il dolore; serotonina; fattori neurotrofici (Nerve Growth Factor) che stimolano la proliferazione delle fibre nervose del dolore; enzimi ad azione litica (triptasi
ed eparanasi) che distruggono il connettivo del tessuto infiammato, assottigliando la mucosa e aumentando la vulnerabilità a “traumi” anche minimi, quali la penetrazione in condizione di secchezza vaginale e/o di spasmo delle fibre nervose;
- iperattività delle fibre nervose del dolore, A delta e C, che proliferano verso gli strati più superficiali della mucosa vestibolare. L’aumento di numero concorre all’iperalgesia mentre lo spostamento delle fibre nervose verso gli strati più superficiali della mucosa spiega il viraggio percettivo da stimolo tattile a dolore urente (“allodinìa”), in caso di contatto per visita ginecologica o con rapporto;
- iperattività del muscolo elevatore dell’ano, che può essere primaria (“miogena”) presente in circa il 28% delle vestiboliti vulvari con dispareunia lifelong, o acquisita, quando la contrazione è difensivamente evocata dallo stato infiammatorio locale.
• La vulvodinìa disestesica, che include tutti i quadri in cui il sintomo dolore non correla con alcun dato semeiologico apprezzabile alla visita ginecologica, pur accuratissima. In questi casi la vulvodinìa è espressione di:
- dolore neurologico: da sindrome da intrappolamento del nervo pudendo, post chirurgica o post traumatica, dopo traumi sacro-coccigei, per compressione di una o più delle branche del pudendo provenienti da S2,S3,S4; da traumi acuti o cronici del medesimo, a livello vulvare, per esempio nel ciclismo; da sclerosi multipla, che abbia interessato il pudendo; da neuropatia periferica iatrogena, per esempio postchemioterapia, post-radioterapia o post- laserterapia vulvare. Le evidenza anatomopatologiche dipendono dalla patologia di base;
- dolore neuropatico, in cui il viraggio da dolore nocicettivo si caratterizza per la riduzione/perdita dei segni almeno macroscopici dell’infiammazione e per la predominanza del sintomoalgico, che risulta generato lungo le vie e i centri del dolore. Dati recenti suggeriscono tuttavia che anche nel dolore neuropatico possa persistere una componente infiammatoria sottosoglia.
Dal punto di vista semeiologico
• La vulvodinìa a genesi infiammatoria, la cosiddetta vestibolite vulvare, è caratterizzata dai segni tipici dell’infiammazione, con prevalenza di variabile rossore vestibolare, del dolore/bruciore, specialmente alle h 5 e alle h 7, se si guardi l’entrata vaginale come un quadrante dell’orologio, e della lesione funzionale (dispareunia introitale).
Edema e calore sono più frequenti nelle vestiboliti associate a infezione da candida. Il dolore può essere spontaneo o provocato dal contatto con il dito guantato o con un cotton fioc mosso in modo random sulla vulva e sull’introito vaginale, per valutare la “mappa del dolore”. La quantizzazione va fatta per ciascun punto con scala analogica da zero a dieci. Il dato va registrato in cartella anche per monitorare nel tempo progressivi miglioramenti.
Accanto a questi, è presente una variabile contrazione dell’elevatore dell’ano che può essere dolente o mialgico.
La mialgia può essere localizzata o associarsi a fibromialgia sistemica. All’esame obiettivo è possibile visualizzare la contrazione del muscolo elevatore attraverso la retrazione del centro tendineo del perineo. Un’emorroide può essere più evidente, spesso alle ore 12 dello sfintere anale, in caso di comorbilità con stipsi ostruttiva. All’esplorazione, la contrazione del muscolo elevatore può essere evidenziata, alla palpazione alla sua inserzione sulla spina ischiatica bilateralmente, in forma di punto di dolorabilità localizzata (“tender point”) o punto di dolorabilità che si irradia in forma non metamerica e/o verso la vulva e/o verso la pelvi (“trigger point”). Questa dolorabilità è in genere più accentuata alla pressione sulla spina ischiatica di sinistra, in circa il 70-75% dei casi, per asimmetrie nella contrazione del muscolo elevatore (spesso associate a problemi posturali).
• La vulvodinìa disestesica è per definizione muta dal punto di vista dell’esame obiettivo. Medici differenti possono tuttavia evidenziare segni di iperattività del muscolo elevatore, mialgia localizzata, o altri segni, in base all’accuratezza dell’esame e all’attenzione a possibili comorbilità.
Semeiologia: esame obiettivo in caso di comorbilità associate a vulvodinìa
• Comorbilità con sindrome della vescica dolorosa (dalle cistiti ricorrenti post-coitali alla cistite interstiziale): la palpazione può evidenziare dolorabilità in zona uretrale, e/o trigonale.
• Comorbilità con endometriosi: l’esame obiettivo può evidenziare placche endometriosiche a livello della parete vaginale posteriore, specie del fornice vaginale, e/o dolorabilità specifica alla messa in tensione dei ligamenti utero sacrali, suggestiva di una localizzazione pelvica di endometriosi profonda. In caso di dischezia (defecazione dolorosa, specie in coincidenza con il ciclo), la esplorazione rettale potrebbe evidenziare una o più placche endometriosiche.
Eventuali retrazioni cicatriziali della parete del colon, conseguenti all’infiammazione cronica associata ai focolai endometriosi, sono meglio evidenziabili con clisma opaco.
• Comorbilità con sindrome del colon irritabile (IBS Irritable Bowel Syndrome): è obiettivabile l’iperattività del muscolo elevatore che può complicarsi con anismo in caso di IBS nella variabile stipsi ostruttiva primaria (lifelong).
A livello addominale, la palpazione può evidenziare meteorismo, corda colica e variabile dolorabilità nella regione delle fosse iliache o delle flessure del colon.
• Comorbilità con fibromialgia: è obiettivabile la dolorabilità elettiva alla palpazione di alcuni o tutti i 18 punti tipici
della sindrome fibromialgica.
Fonte
[grassetto e sottolineato miei]
- Aida Blanchett
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La Vulvodinia (impropriamente detta "vestibolite vulvare") parte II
Sab 23 Ott 2010, 00:28
LA VESTIBOLITE VULVARE: ASPETTI FISIOPATOLOGICI E CLINICI
II parte
Luciano Mariani1 e Filippo Murina2
1UOC Ginecologia Oncologica, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma
2 Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi-Milano
1 - Etiopatogenesi
Il dibattito che si svolge sull’etiopatogenesi della vulvodinìa è ancora in gran parte controverso e lungi dall’essere chiarito (1), tanto per la forma generalizzata che per quella localizzata, cioè la vestibulodinìa.
In primo luogo è importante escludere alcune ipotesi non supportate dall’evidenza, e che verranno rapidamente prese in considerazione:
1. l’orientamento di taluni specialisti di addebitare ad una generica “sfera psichica” la genesi di questa condizione clinica, liquidandone semplicisticamente il retroterra biologico, ci sembra da censurare. Se, infatti, è consolatorio per il clinico addebitare la sindrome e gli insuccessi terapeutici ad una non meglio precisata genesi psicogena, questa ipotesi svia dalla complessità patogenetica, ed allontana da un corretto approccio terapeutico (2,3).
2. altre ipotesi patogenetiche (come quella che fa riferimento all’infezione da HPV (4,5,6,7,8) o all’escrezione urinaria di ossalati (9,10), sono destituite di qualsiasi fondamento.
3. Infine, raramente è stata documentata in termini anatomo-patologici una reale manifestazione infiammatoria locale (11), così come non sarebbe rappresentato il pathway della ciclossigenasi-2 (12). E’ stato riportato un difetto di regolazione della risposta proinfiammatoria con alterazione della produzione di interferon e cellule natural-killer, e che potrebbe chiamare in causa un fenomeno (auto)immunitario, ma di cui al momento non se ne conoscono ulteriori dettagli (13,14). Infine, è descritta in letteratura (15) una ridotta espressione dei recettori α-estrogenici a livello vestibolare, ma il cui significato clinico rimane oscuro.
Detto questo, il punto chiave nell’etiopatogenesi della sindrome vulvodinica è l’alterazione neurosensoriale, cioè una disregolazione dei meccanismi normalmente coinvolti nella genesi-percezione algica, e che si traduce nella presenza di un dolore neuropatico: cioè non legato ad alcuna noxa patogena. Questa disregolazione comprende una componente “periferica” dell’evocazione dolorosa ed una “centrale” dell’elaborazione-amplificazione corticale del segnale (16,17,18 ).
In estrema sintesi, il dolore neuropatico si genera in assenza di alcuna causa, all’interno di quelle strutture e vie nervose (periferiche e centrali) deputate al riconoscimento ed elaborazione dello stimolo doloroso. A suffragio di quest’ipotesi, nelle aree vestibolari di queste donne è stato dimostrato (19) un aumento delle terminazioni nervose (free-nerve-endings) associato ad incremento dei mastociti (2004 20). La combinazione di iperplasia neuronale e accumulo mastocitico sarebbe un utile criterio diagnostico, secondo Bornstein (24), per orientare verso la diagnosi di vestibulodinìa.
Va tuttavia sottolineato che anche un atteggiamento unicamente organicistico è limitativo della natura complessa della vulvodinìa, a cui compartecipano certamente alcuni substrati e processi psicodinamici:
- la somatizzazione (fenomeno che da condizioni di stress induce modificazioni somatiche e comportamentali) sembra essere pesantemente in gioco nella genesi/mantenimento della vulvodinìa;
- l’alexitimia (disturbo affettivo-cognitivo che genera l’incapacità ad esprimere verbalmente le emozioni) e la conversione (sintomi fisici causati da conflitti psichici, convertiti inconsciamente in disturbi neurologici motori e/o sensitivi) sono altri sintomi psichiatrici spesso presenti nella paziente affetta da vulvodinìa non come risultato della sindrome, ma piuttosto come elemento predisponente.
L’insorgenza della sindrome sarebbe quindi il complesso risultato di un’interazione tra cause organiche neuropatiche e psicosomatiche, in una successione temporale scandita da: 1) fattori predisponenti; 2) scatenanti; 3) di mantenimento.
Gli elementi predisponenti possono essere ricondotti ad un profilo psicodinamico di donna che riconduce a quadri di somatizzazione, cioè incapacità di verbalizzare un disagio psicologico che si esprime, invece, attraverso sintomi somatici, ovvero ad altri quadri psichici di alterazione della comunicazione, come l’alexitimia o la conversione (21,22). L’alterata soglia della percezione algica è obiettivabile mediante l’utilizzo di un algesimetro standard o adattati a queste particolari esigenze (vulvo-algesimetro 23). Come recentemente e ripetutamente riportato in letteratura (24,25,26) l’alterazione sensoriale con modificazione della percezione tattile-dolorifica non sarebbe presente solo a livello vulvo-vestibolare, ma anche in altri distretti corporei: coscia, avambraccio, area deltoidea e tibiale. Esisterebbe cioè una disregolazione generalizzata della percezione dolorosa, tale da delineare un’ipersensibilità sistemica e non solo legata all’area vulvare.
Altre variabili esterne, incidenti su questa personalità di donna, potrebbero avere un ruolo predisponente. L’utilizzo della contraccezione orale (OC) è stato oggetto di attenzione (27,28,29) come fattore di predisposizione all’insorgenza di vulvodinìa localizzata. Il rischio relativo (RR) sembra aumentare anche solo dopo un anno di trattamento, specie a seguito di contraccezione con preparati ad elevato tenore progestinico o androgenico. Il profilo di utente di OC da età molto precoci (<16 anni) e per lungo tempo è associato al maggior rischio (RR 9.2) rispetto alle never-users.
I fattori scatenanti possono essere identificati in quei fenomeni infiammatori-traumatici persistenti (microtraumi vulvo-vaginali, vulvo-vaginiti ricorrenti, infezioni del tratto urinario, trattamenti di laser vaporizzazione), che agiscono sulla tipologia di donna sopra descritta.
Tra i processi infiammatori cronici certamente quella micotica è la più rilevante nell’anamnesi di queste pazienti. Tuttavia, per formulare correttamente una diagnosi di vulvodinìa, l’infezione non deve essere più identificabile: cioè essa rappresenta solo il retroterra anamnestico scatenante. In caso contrario si è di fronte alle cosiddette vulviti cicliche, cioè quelle intense algie vulvo-vaginali che mantengono uno stretto rapporto temporale con la mestruazione e che si acutizzano spesso nell’immediato post-coitum (30). Peraltro, anche i trattamenti antifungini prolungati e/o inappropriati (31) sono del pari implicati, in qualità di fattori scatenanti, nella genesi vulvodinica localizzata.
*****I fattori di mantenimento sono da identificarsi in quei processi reattivo-difensivi messi in atto dalla donna di fronte all’evento doloroso: in primo luogo la contrazione spastica della muscolatura pelvica, soprattutto del muscolo elevatore dell’ano. E’ ancora controverso il ruolo dell’alterato pattern di contrattilità della muscolatura del pavimento pelvico, in particolare nei fasci pubo-coccigei, riscontrato in un numero considerevole di donne con vestibulodinia (32) ; è possibile che l’alterata percezione nocicettiva delle fibre nervose vestibolari conduca ad un ipertono reattivo muscolare, che automantiene la sintomatologia dolorosa accentuando la dispareunia. Alcuni Autori, viceversa, attribuiscono alla componente muscolare un ruolo primario nel determinismo della sintomatologia dolorosa (33). In un quadro di sindrome dolorosa regionale complessa, nella quale la componente di sensibilizzazione centrale appare la più verosimile, la prima ipotesi sembra la più convincente.******
Altre variabili in grado alimentare ed aggravare, nel tempo, la sindrome vulvodìnica sono identificati nell’utilizzo di prodotti per l’igiene e/o la cosmesi quotidiana: saponi, detergenti, preparati galenici... Pur non determinando necessariamente fenomeni allergici (né queste donne manifestano una maggiore tendenza ai fenomeni compatibili con la dermatite da contatto 34), queste sostanze sono tuttavia dermatologicamente aggressive e possono quindi auto-alimentare il processo vulvodìnico.
Princìpi di valutazione
L’anamnesi deve essere accurata, e mirare a far luce su dettagli medici (allergie, intolleranze, malattie sistemiche, traumi ostetrici o di altra natura) e sulla storia psico-sessuale della donna. Si possono utilizzare anche questionari che mirano a valutare la presenza di specifici irritanti: assorbenti, salvaslip, detergenti, deodoranti, tessuti, vari prodotti topici, etc.
La mappatura del dolore (pain mapping) è un momento indispensabile nello studio della paziente vulvodìnica e deve precedere l’inizio della strategia terapeutica. Si dovrà fare la massima attenzione a individuare e raccogliere tutte le notizie utili sulla sintomatologia. In primo luogo vanno escluse altre origine del dolore: perineale, uretrale o vescicale.
Dettagli del doloreII parte
Luciano Mariani1 e Filippo Murina2
1UOC Ginecologia Oncologica, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma
2 Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi-Milano
1 - Etiopatogenesi
Il dibattito che si svolge sull’etiopatogenesi della vulvodinìa è ancora in gran parte controverso e lungi dall’essere chiarito (1), tanto per la forma generalizzata che per quella localizzata, cioè la vestibulodinìa.
In primo luogo è importante escludere alcune ipotesi non supportate dall’evidenza, e che verranno rapidamente prese in considerazione:
1. l’orientamento di taluni specialisti di addebitare ad una generica “sfera psichica” la genesi di questa condizione clinica, liquidandone semplicisticamente il retroterra biologico, ci sembra da censurare. Se, infatti, è consolatorio per il clinico addebitare la sindrome e gli insuccessi terapeutici ad una non meglio precisata genesi psicogena, questa ipotesi svia dalla complessità patogenetica, ed allontana da un corretto approccio terapeutico (2,3).
2. altre ipotesi patogenetiche (come quella che fa riferimento all’infezione da HPV (4,5,6,7,8) o all’escrezione urinaria di ossalati (9,10), sono destituite di qualsiasi fondamento.
3. Infine, raramente è stata documentata in termini anatomo-patologici una reale manifestazione infiammatoria locale (11), così come non sarebbe rappresentato il pathway della ciclossigenasi-2 (12). E’ stato riportato un difetto di regolazione della risposta proinfiammatoria con alterazione della produzione di interferon e cellule natural-killer, e che potrebbe chiamare in causa un fenomeno (auto)immunitario, ma di cui al momento non se ne conoscono ulteriori dettagli (13,14). Infine, è descritta in letteratura (15) una ridotta espressione dei recettori α-estrogenici a livello vestibolare, ma il cui significato clinico rimane oscuro.
Detto questo, il punto chiave nell’etiopatogenesi della sindrome vulvodinica è l’alterazione neurosensoriale, cioè una disregolazione dei meccanismi normalmente coinvolti nella genesi-percezione algica, e che si traduce nella presenza di un dolore neuropatico: cioè non legato ad alcuna noxa patogena. Questa disregolazione comprende una componente “periferica” dell’evocazione dolorosa ed una “centrale” dell’elaborazione-amplificazione corticale del segnale (16,17,18 ).
In estrema sintesi, il dolore neuropatico si genera in assenza di alcuna causa, all’interno di quelle strutture e vie nervose (periferiche e centrali) deputate al riconoscimento ed elaborazione dello stimolo doloroso. A suffragio di quest’ipotesi, nelle aree vestibolari di queste donne è stato dimostrato (19) un aumento delle terminazioni nervose (free-nerve-endings) associato ad incremento dei mastociti (2004 20). La combinazione di iperplasia neuronale e accumulo mastocitico sarebbe un utile criterio diagnostico, secondo Bornstein (24), per orientare verso la diagnosi di vestibulodinìa.
Va tuttavia sottolineato che anche un atteggiamento unicamente organicistico è limitativo della natura complessa della vulvodinìa, a cui compartecipano certamente alcuni substrati e processi psicodinamici:
- la somatizzazione (fenomeno che da condizioni di stress induce modificazioni somatiche e comportamentali) sembra essere pesantemente in gioco nella genesi/mantenimento della vulvodinìa;
- l’alexitimia (disturbo affettivo-cognitivo che genera l’incapacità ad esprimere verbalmente le emozioni) e la conversione (sintomi fisici causati da conflitti psichici, convertiti inconsciamente in disturbi neurologici motori e/o sensitivi) sono altri sintomi psichiatrici spesso presenti nella paziente affetta da vulvodinìa non come risultato della sindrome, ma piuttosto come elemento predisponente.
L’insorgenza della sindrome sarebbe quindi il complesso risultato di un’interazione tra cause organiche neuropatiche e psicosomatiche, in una successione temporale scandita da: 1) fattori predisponenti; 2) scatenanti; 3) di mantenimento.
Gli elementi predisponenti possono essere ricondotti ad un profilo psicodinamico di donna che riconduce a quadri di somatizzazione, cioè incapacità di verbalizzare un disagio psicologico che si esprime, invece, attraverso sintomi somatici, ovvero ad altri quadri psichici di alterazione della comunicazione, come l’alexitimia o la conversione (21,22). L’alterata soglia della percezione algica è obiettivabile mediante l’utilizzo di un algesimetro standard o adattati a queste particolari esigenze (vulvo-algesimetro 23). Come recentemente e ripetutamente riportato in letteratura (24,25,26) l’alterazione sensoriale con modificazione della percezione tattile-dolorifica non sarebbe presente solo a livello vulvo-vestibolare, ma anche in altri distretti corporei: coscia, avambraccio, area deltoidea e tibiale. Esisterebbe cioè una disregolazione generalizzata della percezione dolorosa, tale da delineare un’ipersensibilità sistemica e non solo legata all’area vulvare.
Altre variabili esterne, incidenti su questa personalità di donna, potrebbero avere un ruolo predisponente. L’utilizzo della contraccezione orale (OC) è stato oggetto di attenzione (27,28,29) come fattore di predisposizione all’insorgenza di vulvodinìa localizzata. Il rischio relativo (RR) sembra aumentare anche solo dopo un anno di trattamento, specie a seguito di contraccezione con preparati ad elevato tenore progestinico o androgenico. Il profilo di utente di OC da età molto precoci (<16 anni) e per lungo tempo è associato al maggior rischio (RR 9.2) rispetto alle never-users.
I fattori scatenanti possono essere identificati in quei fenomeni infiammatori-traumatici persistenti (microtraumi vulvo-vaginali, vulvo-vaginiti ricorrenti, infezioni del tratto urinario, trattamenti di laser vaporizzazione), che agiscono sulla tipologia di donna sopra descritta.
Tra i processi infiammatori cronici certamente quella micotica è la più rilevante nell’anamnesi di queste pazienti. Tuttavia, per formulare correttamente una diagnosi di vulvodinìa, l’infezione non deve essere più identificabile: cioè essa rappresenta solo il retroterra anamnestico scatenante. In caso contrario si è di fronte alle cosiddette vulviti cicliche, cioè quelle intense algie vulvo-vaginali che mantengono uno stretto rapporto temporale con la mestruazione e che si acutizzano spesso nell’immediato post-coitum (30). Peraltro, anche i trattamenti antifungini prolungati e/o inappropriati (31) sono del pari implicati, in qualità di fattori scatenanti, nella genesi vulvodinica localizzata.
*****I fattori di mantenimento sono da identificarsi in quei processi reattivo-difensivi messi in atto dalla donna di fronte all’evento doloroso: in primo luogo la contrazione spastica della muscolatura pelvica, soprattutto del muscolo elevatore dell’ano. E’ ancora controverso il ruolo dell’alterato pattern di contrattilità della muscolatura del pavimento pelvico, in particolare nei fasci pubo-coccigei, riscontrato in un numero considerevole di donne con vestibulodinia (32) ; è possibile che l’alterata percezione nocicettiva delle fibre nervose vestibolari conduca ad un ipertono reattivo muscolare, che automantiene la sintomatologia dolorosa accentuando la dispareunia. Alcuni Autori, viceversa, attribuiscono alla componente muscolare un ruolo primario nel determinismo della sintomatologia dolorosa (33). In un quadro di sindrome dolorosa regionale complessa, nella quale la componente di sensibilizzazione centrale appare la più verosimile, la prima ipotesi sembra la più convincente.******
Altre variabili in grado alimentare ed aggravare, nel tempo, la sindrome vulvodìnica sono identificati nell’utilizzo di prodotti per l’igiene e/o la cosmesi quotidiana: saponi, detergenti, preparati galenici... Pur non determinando necessariamente fenomeni allergici (né queste donne manifestano una maggiore tendenza ai fenomeni compatibili con la dermatite da contatto 34), queste sostanze sono tuttavia dermatologicamente aggressive e possono quindi auto-alimentare il processo vulvodìnico.
Princìpi di valutazione
L’anamnesi deve essere accurata, e mirare a far luce su dettagli medici (allergie, intolleranze, malattie sistemiche, traumi ostetrici o di altra natura) e sulla storia psico-sessuale della donna. Si possono utilizzare anche questionari che mirano a valutare la presenza di specifici irritanti: assorbenti, salvaslip, detergenti, deodoranti, tessuti, vari prodotti topici, etc.
La mappatura del dolore (pain mapping) è un momento indispensabile nello studio della paziente vulvodìnica e deve precedere l’inizio della strategia terapeutica. Si dovrà fare la massima attenzione a individuare e raccogliere tutte le notizie utili sulla sintomatologia. In primo luogo vanno escluse altre origine del dolore: perineale, uretrale o vescicale.
1. Origine
2. Localizzazione
3. Diffusione
4. Intensità
5. Durata
6. Ciclicità
7. Fattori esacerbanti
8. Risposta a precedenti terapie
9. Impatto sull’attività sessuale
10. Impatto sulla qualità di vita
A livello vulvare si cercherà di evocare il dolore mediante cotton-fioc (Q-tip test), localizzandolo topograficamente (cioè evidenziando dei trigger-points) e mettendo in evidenza la dispareunia introitale. A livello vaginale vanno identificati eventuali trigger-points all’inserzione del muscolo elevatore dell’ano (con dispareunia media o profonda). Altri test utili alla caratterizzazione del dolore sono il test pubo-coccigeo, la misurazione dello spazio ano-vulvare e l’utilizzo di algesimetri vulvari.
Infine, la quantificazione dell’intensità del dolore (certamente l’elemento più difficile da obiettivare) può essere fatta mediante il Verbal Rating Scale (VRS) o, meglio, con il Visual Analogic Scale (VAS). La determinazione dell’intensità algica della paziente vulvodìnica è fattore di grande importanza per valutare e modulare l’intervento terapeutico.
Bibliografia
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11 Lundqvist EN, Hofer PA, Olofsson JI, Sjoberg I. Is vulvar vestibulitis an inflammatory condition? A comparison of histological findings in affected and healthy women. Acta Derm Venereol 77: 319-22, 1997
12 Bohm-Starke N, Falconer C, Rylander E, Hilliges M. The expression of cyclooxygenas 2 and inducible nitric oxide synthase indicates no active inflammation in vulvar vestibulitis. Acta Obstet Gynecol Scand 80: 638-44, 2001
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17 Mariani L., Vulvar vestibulitis syndrome: an overview of non-surgical treatment. Eur.J.Obstet.Gynecol.Reprod.Biol, 101: 109-112, 2002
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19 Westrom LV, Willen R. Vestibular nerve fiber proliferation in vulvar vestibulitis syndrome. Obstet Gynecol 1998; 91: 572-6
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34 Nunns D, Ferguson J, Beck M, Mandal D. Vulval vestibulitis: is testing for contact allergy necessary. Contact Dermatol 37: 88-9, 1997
www.fondazionegraziottin.orgInfine, la quantificazione dell’intensità del dolore (certamente l’elemento più difficile da obiettivare) può essere fatta mediante il Verbal Rating Scale (VRS) o, meglio, con il Visual Analogic Scale (VAS). La determinazione dell’intensità algica della paziente vulvodìnica è fattore di grande importanza per valutare e modulare l’intervento terapeutico.
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La Vulvodinia (impropriamente detta "vestibolite vulvare") parte III - cause
Mar 02 Nov 2010, 00:45
Le cause della vulvodinia non sono pienamente note; la teoria prevalente identifica la malattia come una sindrome di dolore neuropatico con elementi riferibili ad un processo di sensibilizzazione del sistema nervoso centrale.
In particolare per la vestibolodinia molti fattori sono stati associati con l'innesco ed il mantenimento dei sintomi; ciò in parte vale anche per la vulvodinia generalizzata :
- Proliferazione delle fibre nervose vestibolari Pubmed
- Incremento dell'espressione dei recettori nocicettivi VR1 nel tessuto vestibolare Pubmed
- Riduzione dell'espressione dei recettori estrogenici nel tessuto vestibolare Pubmed
- Incremento di mastociti e del prodotto della loro degranulazione nel tessuto vestibolare Pubmed
- Presenza in elevata percentuale in donne con vestibolodinia di un polimorfismo genico,avente come risultato le seguenti alterazioni: ridotta capacità nell'arginare l'infiammazione Pubmed-amplificazione della risposta infiammatoria Pubmed-ridotta capacità di combattere la colonizzazione/infezione della Candida albicans Pubmed
- Studi inerenti la sensibilizzazione centrale nelle donne con vestibolodinia hanno dimostrato alti livelli di attività cerebrale nella corteccia somatosensoriale ed in quella insulare,durante l'applicazione di una pressione in corrispondenza del vestibolo posteriore Pubmed
- Alterazioni del pattern di contrattilità della muscolatura del pavimento pelvico Pubmed
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Nel 2003 l' International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) ha diviso e classificato le potenziali cause di dolore vulvare in quattro potenziali categorie:
Infezioni
Dermatosi
Neoplasie
Lesioni neurologiche
[NB Clicca su "spoiler" per vedere le immagini]
Ogni condizione compresa nelle precedenti categorie deve essere esclusa prima di porre diagnosi di vulvodinia:
-Infezioni : la Candida albicans è la principale infezione caratterizzata anche da prurito ed un obiettività con eritema e leucorrea a carattere granuloso; nell'Herpes genitale, rilevante causa di dolore vulvare a genesi infettiva,dominano lesioni ulcerative multiple con alone eritematoso
- Spoiler:
-Dermatosi : tra queste lesioni infiammatorie a base immunologica, spiccano per frequenza il Lichen sclerosus ed il Lichen planus erosivo. Nel Lichen sclerosus dominano le aree bianche vulvari ed il prurito; non infrequenti sono il bruciore e la dispareunia conseguenti ad ulcerazioni o stenosi dell'introito vaginale
- Spoiler:
- Spoiler:
-Neoplasie : lesioni preneoplastiche (VIN)-
- Spoiler:
- Spoiler:
-Lesioni Neurologiche: formazioni cistiche in corrispondeza dell'emergenza delle radici nervose del nervo pudendo (Cisti di Tarlov),come pure intrappolamenti post-traumatici dello stesso nervo in fossa ischiorettale (Sindrome del canale di Alcok),possono dare dolore o bruciore vulvare a sede mal identificabile,e spesso legati alla postura.Queste condizioni che mimano una vulvodinia generalizzata, sono poco frequenti.
Vulvodinia generalizzata
Le donne con la forma generalizzata di vulvodinia lamentano sintomi quasi in ogni punto di distribuzione del nervo pudendo
Il dolore può essere intermittente o costante, e tipicamente è spontaneo ossia sempre presente,con esacerbazioni alla stimolazione; ovviamente con rilevanti variazioni individuali. L'obiettività è totalmente negativa.
Vestibolodinia
La vestibolodinia, definita in passato Sindrome vulvo-vestibolare o Vestibulite vulvare [ho già fatto la dovuta puntualizzazione nel sito], è la forma più frequente di vulvodinia e sovente i disturbi sono provocati, ossia legati alla stimolazione (toccamento o penetrazione vaginale). L'area interessata è il vestibolo vaginale, un'area vulvare compresa anteriormente dal frenulo del clitoride alla commessura labiale posteriore o forchetta posteriormente ; il bordo più interno è dato dal margine dei residui imenali ed il bordo laterale dalla linea di Hart
La diagnosi è clinica e viene posta soddisfando i cosiddetti criteri di Friedrich,ovviamnete dopo avere escluso ogni potenziale e visibile causa di dolore vulvare :
-Rilevante dolore al toccamento vestibolare od al tentativo di penetrazione vaginale
-Dolore alla pressione vestibolare con l'apice di un cotton-fioc,definito swab-test
-Obiettività confinata ad un eritema vestibolare di grado variabile e comunque non sempre presente
http://www.vulvodinia.eu
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Corso Vulvodinìa Murina-Torresani
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La Vulvodinia (impropriamente detta "vestibolite vulvare") parte IV
Dom 21 Nov 2010, 04:27
Copio qua un piccolo trafiletto a cura del dott. Murina e collaboratori; naturalmente ci sono i soliti pochi appunti da fare:
- niente detergenti, usare solo acqua! Lo riperetò all'infinito. V. sezione dedicata all'igiene intima >> qui
- per l'applicazione dell'acqua fredda dopo ogni rapporto: la cosa è strettamente individuale; se andate a spulciarvi "allodinia" vedrete che c'è chi è sensibile in modo anomalo al freddo e chi al caldo, inoltre si può variare nel corso della vita (a me è successo); però, il freddo fa sempre danno per la contrattura. >> qui
Ecco il brano, datato 19/04/2007
Vulvodinia
Dott. Murina Filippo
in collaborazione con: Dr. Tassan Pietro e Dr. Roberti Pasquale
Il termine vulvodinia viene utilizzato per identificare una condizione nella quale viene lamentato un fastidio vulvare, spesso descritto come bruciore, in assenza di alterazioni visibili di un qualche rilievo. La vulva è la parte più esterna degli organi genitali femminili. La vulva è all’ingresso ed in qualche modo protegge gli organi sessuali della donna, la parte terminale dell’apparato urinario (uretra), il vestibolo e la vagina, ed in particolare è punto fondamentale della risposta sessuale femminile. La diagnosi di vulvodinia è clinica, ossia si realizza quando all’esame ispettivo, anche con l’ausilio di dispositivi d’ingrandimento (vulvoscopia) non si evidenziano reperti riferibili a cause di dolore vulvare secondarie a malattie specifiche; queste sono condizioni quali infezioni (candidiasi, herpes,etc.), infiammazioni (lichen planus,etc.), neoplasie (carcinoma,malattia di Paget, etc.), oppure patologie neurologiche (nevralgia post-herpetica,etc.).
La vulvodinia può essere localizzata a parte della regione vulvare o generalizzata , spontanea o provocata da tutto ciò che induce sfregamento (indumenti stretti,posizione delle gambe,utilizzo della bicicletta etc.), e soprattutto dall’attività sessuale che può diventare improponibile per l’intensa sensazione dolorosa alla penetrazione (dispareunia).
La forma più frequente di vulvodinia è quella localizzata in sede vestibolare (Vestibolodinia),in passato definita Sindrome vulvo-vestibolare o Vestibulite vulvare [incorrect vestibolite].
Tratto da NVA-Patient guide
La vestibolodinia si caratterizza per dolore al contatto con la regione vestibolare o al tentativo d’ingresso in vagina; dolorabilità alla pressione localizzata al vestibolo (swab test),senza nessuna evidenza di segni fisici eccetto vari gradi di rossore vestibolare (eritema).
Le cause della vulvodinia non sono pienamente note ; attraverso particolari tecniche di laboratorio (immuno-istochimiche) è stato dimostrato un incremento d’innervazione nel contesto del vestibolo vaginale (iperplasia fibre nervose). Attualmente la teoria maggiormente accreditata circa il dolore vulvare persistente, in assenza di stimoli che lo inducono (allodinia) o amplificato rispetto allo stimolo applicato (iperestesia), è quello di un meccanismo di sensibilizzazione spinale.
Si ipotizza che in soggetti predisposti geneticamente, stimoli irritativi di varia natura (vaginiti,cistiti,etc.) inducano un processo infiammatorio cronico. Tra i primi attori di questo scenario vengono ritrovate particolari cellule,i mastociti, cha hanno la peculiarità di liberare mediatori ad azione infiammatoria (citochine).
Queste sostanze,ad azione tossica, inducono una persistente alterazione delle fibre nervose vestibolari (iperplasia ed ipertrofia); pertanto nella vestibolodinia si realizza un meccanismo infiammatorio su base neurogenica .
L’alterazione neuropatica vestibolare condiziona,alla lunga, una ridotta soglia del dolore a livello del cervello, creando un circuito di automantenimento del dolore.
La muscolatura che è posta in corrispondenza dell’ingresso vulvare (muscoli del pavimento pelvico) è spesso interessata da un processo di irrigidimento (ipercontrattura),che condiziona un’accentuazione del dolore e della difficoltà nei rapporti sessuali. Ancora non è noto se ciò sia secondario al dolore, o svolga un qualche ruolo nel meccanismo posto alla base dell’alterazione delle fibre nervose.
Numerose sono state le cure per la vulvodinia proposte nel tempo, con risultati variabili
sia come efficacia che per persistenza dei risultati raggiunti.
Alcune pazienti hanno beneficio da un trattamento, mentre altre non rispondono alla medesima terapia od addirittura hanno rilevanti effetti collaterali.
Non esiste un singolo trattamento appropriato per ogni paziente, ma può essere necessario del tempo per trovare una terapia (od una combinazione di terapie diverse) in grado di eliminare i sintomi. E’ importante considerare che annualmente sono condotte molte ricerche sulla vulvodinia. Questi studi sono finalizzati sia a svelare le reali cause della malattia, sia a validare l’efficacia delle terapie.
Le terapie attuali possono essere così riassunte:
- Anestetici locali in crema : anestetici topici in crema,come la Lidocaina possono essere applicati direttamente in sede vestibolare per alleviare transitoriamente il dolore,soprattutto prima dei rapporti sessuali. E’ fondamentale non abusare di questi prodotti per la frequente comparsa di fenomeni allergici.
- Farmaci (Es. amitriptilina,gabapentina e pregabalina): Questi prodotti modificano i livelli di neurotrasmettitori (sostanze chimiche che conducono gli impulsi da un nervo all’altro); sono stati originariamente sviluppati per la terapia della depressione o per la cura dell’epilessi, ma si sono rilevati anche molto utili per la cura di alcune tipologie di dolore cronico. Possono essere utili nella terapia della vulvodinia, soprattutto nella forma generalizzata, utilizzati a dosaggi inferiori ed soprattutto in associazione tra loro.Questo riduce gli effetti collaterali che possono essere rilevanti.
- Aliamidi: questi prodotti sia in forma topica che somministrati per via orale,agiscono sui mastociti,cellule primariamente implicate nell’alterazione del nervo. Sono presidi molto promettenti anche per l’assenza di effetti collaterali.
- Elettrostimolazione antalgica (Tens): La Tens è una metodica terapeutica di applicazione di correnti elettriche a basso voltaggio attraverso la cute in vari siti. L’efficacia della Tens nel trattamento del dolore è stata ampiamente studiata, e attualmente sono disponibili più di 600 pubblicazioni scientifiche in questo settore di ricerca. L’utilizzo della Tens è giustificato dall’ interpretazione della vulvodinia come una sindrome dolorosa regionale complessa su base neuropatica (malattia del nervo vestibolare). La tecnica da ottimi risultati soprattutto nelle forme localizzate(Sindrome vulvo-vestibolare).
- Riabilitazione della muscolatura del Pavimento Pelvico : Rilassare e rieducare ad una cooretta funzionalità la muscolatura pelvica,può contribuire a ridurre la percezione del dolore. Ciò può essere eseguito tramite esercizi mirati od attraverso una tecnica definita “biofeedback”. Questa consente di tradurre il tono muscolare in un segnale luminoso e sonoro; pertanto attraverso precisi esercizi di rilassamento ,si diventa consapevoli dell’attività della propria muscolatura,imparando di conseguenza a controllarla.
- Terapia infiltrativa vestibolare: L’infiltrazione vestibolare di cortisonici associati ad anestetici locali si sono dimostrati molto utili per la cura della vulvodinia soprattutto in forme molto localizzate a livello vestibolare .L’infiltrazione porta il farmaco nella sotto-mucosa deve le terminazioni sono più addensate.
- Chirurgia: In caso di vulvodinia vestibolare è possibile asportare una piccola porzione di tessuto mucoso unitamente alle terminazioni nervose sottostante.La tecnica può dare risultati variabili e comunque non è considerabile una terapia di prima scelta,visto la discreta invasività.
- Tecniche cognitivo-comportamentali: l’approccio psicossessuologico può essere utile come presidio adiuvante nella “ricostruzione” di una sessualità spesso perturbata da una malattia che dura da molto tempo
- Terapie Alternative: Ci sono terapie che possono essere usate in aggiunta alle cure tradizionali per trattere alcune sindromi dolorose croniche.Tra le terapie alternative ci sono l’agopuntura,massaggi, tecniche di rilassamento e quelle cognitivo-comportamentali.
[per quanto riguarda la dieta, su di me non ho mai provato riscontro delle affermazioni seguenti, e preferisco invitare le donne a non seguirla, al max fare una piccola prova. I motivi li ho già esposti nella cartella Dietesvv]
- Dieta: Gli ossalati sono sostanze normalmente eliminati nelle urine; in alte concentrazioni questi possono formare dei cristalli. L’emissione di cristalli di ossalato, in alte concentrazioni, può accentuare il bruciore in una paziente con vulvodinia.
Alto contenuto di Ossalati (alimenti da evitare): Spinaci, Arachidi,Sedano, Mirtilli, Fragole Cioccolato, Fagioli cotti, Melanzane, The, Patate dolci, Crusca di grano;
Moderato contenuto di Ossalati: Mele, Arance, Ananas, Carote, Broccoli, Pomodori, Asparagi, Sardine,Caffe,Pesche.
Durante l’esecuzione di terapie specifiche od anche quando i sintomi sono sotto controllo, seguire adeguate norme comportamentali aiuta a migliorare l’efficacia del trattamento ed a ridurre le recidive.
- Indossare biancheria intima di cotone bianco e pantaloni comodi ed ampi
- Usare detergenti intimi adeguati: delicati,non profumati (acqistarli in farmacia)[ripeto niente detergenti! E poi, come se acquistarli in farmacia fosse una garanzia!! ]
- Utilizzare il detergente intimo solo 1-2 volte algiorno; [non utilizzarlo mai] in caso di necessità utilizzare solo acqua.[sempre e solo H2O, come sottolineano il prof Torresani, la dott.ssa Spano e molti altri professionisti]
- Evitare che lo shampoo od il bagno schiuma entrino in contatto per lungo tempo con l’area vulvare.
- Non trattenere a lungo l’urina; cercare di avere un intestino regolato
- Usare assorbenti in puro cotone; evitare salva-slip
- Applicare un panno freddo o fare un bidet con acqua fredda dopo i rapporti sessuali [come sopra, la cosa è estremamente soggettiva!]
- Evitare esercizi fisici che comportino un eccessivo sfregamento e frizione sulla regione vulvare (Es.bicicletta,ciclette o spinning)
Uno dei problemi principale riguardanti la vulvodinia è avere una corretta diagnosi. Spesso la malattia non è conosciuta,sottovalutata e trascurata. Ciò ritarda la messa in atto di specifiche terapie, gettando lo sconforto nelle pazienti che sovente ricorrono a numerosi consulti senza alcun risultato.
A tale proposito,a seguito della lodevole iniziativa di alcune donne, è nata l’Associazione Italiana Vulvodinia (www.vulvodinia.org) con l’obiettivo di diffondere la conoscenza di questa patologia a tutt’oggi poco conosciuta anche alla stessa classe medica.
L’associazione persegue i seguenti scopi:
- Incoraggiare e sostenere progetti di ricerca finalizzati a trovare terapie sempre più efficaci
- Enfatizzare il coordinamento interdisciplinare nell’approccio alla malattia
- Sostenere le pazienti con vulvodinia tramite iniziative mirate a carattere informativo, psicologico ed economico
Dott. Murina Filippo
Hanno collaborato : Dr. Tassan Pietro; Dr. Roberti Pasquale
- Aida Blanchett
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Vi posto il link a Google scholar diretto sulla vulvodinìa..c'è un articolo interessante in seconda pagina che tratta dell'agopuntura http://scholar.google.it/scholar?start=0&q=vulvodinia&hl=it&as_sdt=2000
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ancora su vestibolite vulvare !
Ven 03 Dic 2010, 15:32
Chiariamo una volta per tutte la confusione in merito alla terminologia: ancora su vestibolite vulvare!
Unanimemente riconfermata è stata la critica all’uso del termine “vestibolite” con la raccomandazione a non utilizzare più tale vocabolo
in quanto evoca una patogenesi infiammatoria non riscontrabile nel vero e proprio dolore vulvare di tipo disestesico.
L. Micheletti, F. Bogliatto
Significati e gestione della vulvodinia e della dispareunia
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Dolore vulvare cronico ( vulvodinia ) , un disturbo sottostimato
Ricercatori del Brigham and Women’s Hospital ( BWH ) a Boston ritengono che l’incidenza del dolore vulvo-vaginale cronico, noto anche con il termine di vulvodinia, sia sottostimata.
Le donne che soffrono di questo disturbo presentano un dolore intenso o un senso di bruciore cronico in assenza di infezioni o di malattia vaginale.
Lo studio è stato presentato al National Institutes of Health Vulvodynia Seminar.
Il 16% delle persone che hanno risposto ad un questionario spedito a 4.915 donne di età compresa tra 18 e 64 anni, residenti nell’area di Boston, ha riferito storie di dolore vulvare cronico della durata di almeno 3 mesi , o più.
Contrariamente a quanto ritenuto, non è stata osservata alcuna differenza nell’incidenza del disturbo tra le donne bianche e le donne afro-americane.
E’ emerso che le donne ispaniche hanno invece una più alta probabilità (80%) di presentare questo disturbo rispetto alle donne bianche ed a quelle afro-americane.
Sulla base dei dati della ricerca, è stato stimato che circa il 5% della popolazione femminile soffra di questo disturbo prima dei 25 anni.
E’ stato anche osservato che le donne che avevano avvertito dolore all’impiego per la prima volta del tampone , avevano una probabilità 7-8 volte maggiore di soffrire in seguito di dolore vulvare cronico. ( Xagena2003 )
Fonte: Brigham and Women’s Hospital
Gyne2003
www.xapedia.it/ginecologia/show.php?a=4732&l=v&w=Vulva
- Aida Blanchett
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Il dolore sessuale nella donna e la Vulvodinia
Nella nostra società, alla Medicina, sempre più tecnologica e superspecialistica, basata sull’evidenza dei numeri e su un’attenzione quasi maniacale per la biochimica dei corpi, viene richiesto oggi di ritrovare, in tutti i campi, quelle qualità di empatia e di calore proprie dell’antico rapporto medico paziente; d’altra parte oggi l’OMS definisce la salute come uno stato di completo benessere e non la semplice assenza di malattia.
E’ contemplata l’alleanza Medico – Paziente con una partecipazione sempre più attiva di quest’ultimo a cui è richiesta una maggiore attenzione ai segnali del proprio corpo e alla loro decodifica perché possa diventare il principale protagonista del proprio benessere o della propria guarigione.
Nel declinare al femminile questa nuova qualità di richiesta, quella del Ginecologo sembra la figura maggiormente deputata. Si sconta però ancora un ritardo di risposte per via di una formazione professionale limitata tradizionalmente agli aspetti strettamente biologici. A meno di un interesse particolarmente coltivato, spesso troviamo il Ginecologo impreparato a cogliere, nelle richieste delle pazienti, quella aspirazione di autonomia e libertà derivanti dal pieno esercizio della propria sessualità.
D’altra parte, uguali ritardi li ritroviamo nella formulazioni di tali richieste da parte delle donne stesse, fra le quali non è poi così uniforme il livello della nuova coscienza del proprio femminile. Di più, nel singolo soggetto che vive, magari pure in modo forte, questa nuova coscienza è possibile ritrovare tra le pieghe dell’universo emotivo gli echi potenti di antichi condizionamenti. Ancora oggi, nella trasmissione dei messaggi tra adulti e bambini all’interno della famiglia, eventi biologici come la prima mestruazione, il primo rapporto sessuale, il parto, l’aborto, la menopausa vengono associati a dolore, perdita soggezione, vergogna. Inoltre possono coesistere nelle singole pazienti conflitti verso il sesso e la sessualità in generale che si manifestano con fobie e sentimenti di colpa e/o paura della gravidanza, conflitto circa la propria identità sessuale, deformazioni dell’immagine corporea.
D‘altra parte per i modelli comportamentali imperanti le pratiche sessuali sono considerate alla stregua di oggetti di largo consumo. Viene considerato legittimo ed auspicabile godere di una piena attività sessuale quando non stigmatizzato come anormale chi non la pratica. Ciò non fa che incrementare lo stato di intima sofferenza di quella importante percentuale di donne, da taluni stimata prossima al 15% (1), che non correla il sesso col piacere perché provano dolore nel fare l’amore e/o convivono con una continua sensazione di disagio o di bruciore vulvare fino a vedere seriamente compromessa la propria vita affettiva e di relazione o, nei casi più estremi, la propria identità femminile fino all’autoesclusione dalla vita sociale.
Molto spesso alla visita ginecologica convenzionale non si riscontra nulla di obbiettivo: non infezioni, non traumi e tutti gli esami di routine sono negativi. Queste donne debbono quindi arrendersi alla sconfortante lettura sull’origine psicologica dei loro disturbi. “Un inferno da vivere ogni giorno”, come cita la Dr.ssa Armocida, psicologa e creatrice del primo sito web sulla Vulvodinia.
Sappiamo invece che non sono frigide, depresse o particolarmente stressate, ma affette appunto da Vulvodinia, una patologia che fino a pochi anni fa era misconosciuta e non ritenuta degna di particolare interesse, in quanto i sintomi si presentano spesso in modo subdolo e sfuggente.
Da sempre relegata fra i disturbi di ordine psicosomatico , misconosciuta dai ginecologi e ignorata anche dai sessuologi, non se ne faceva cenno nelle classificazioni dei disturbi sessuali e solo di recente è emersa l’esigenza di comprenderne la patogenesi ed elaborare iter diagnostici e approcci terapeutici adeguati. Alla Vulvodinia è oggi riconosciuta dignità nosografica e una precisa collocazione scientifica con la dovuta trattazione nelle sedi dedicate (congressi, riviste, ecc), quanto a patogenesi, iter diagnostici e approcci terapeutici.
Recentemente l’interesse verso questa malattia ha coinvolto anche i media; in un episodio della nota serie televisiva "Sex And The City" a una delle protagoniste è stata diagnosticata la vulvodinia e trattata secondo i noti protocolli. Susanne Kaysen ha pubblicato nel suo libro "Io e Lei" la storia della propria esperienza con la malattia e i suoi sintomi debilitanti.
In seguito alla diffusione del problema, è nata ed è attiva l’Associazione Italiana Vulvodinia (AIV) con lo scopo di migliorare la qualità di vita delle pazienti, indirizzarle nella scelta del Centro o del Professionista in grado di trattare in modo competente la sindrome, organizzare gruppi di auto tra donne, incoraggiare e sostenere progetti di ricerca per trovare terapie sempre più efficaci.
La storia della Vulvodinia
Per la prima volta nella letteratura ginecologica venne descritta nel 1880 da Thomas una "sindrome dolorosa vulvare" come "forma di eccessiva sensibilità delle fibre nervose deputate all’innervazione della mucosa vulvare, confinata al vestibolo e talora a un piccolo labbro".
Un’ analoga situazione fu descritta da Skene nel 1888 questa malattia è caratterizzata da ipersensibilità della vulva: "quando le dita toccano le parti iperestesiche la paziente lamenta dolore cosi forte che piange".
Per tornare a parlare di questa sindrome bisogna aspettare il 1928 quando Kelly descrive "aree di arrossamento particolarmente sensibili localizzate a ridosso dell’anello imenale".
Per i successivi 50 anni non ne viene più fatto cenno nelle sedi accademiche e solo nel 1975 al congresso mondiale di vulvologia viene descritta come la sindrome della "vulva che brucia".
La definizione attuale della vulvodinia secondo ISSVD e pubblicata nel 2004 è: "fastidio vulvare, spesso bruciore ,in assenza di alterazioni visibili, o di problematiche neurologiche".
Cosa si intende per Vulvodinia?
L’Associazione Italiana Vulvodinia così la descrive: "una sensazione dolorosa cronica che interessa la regione vulvare. Il fastidio può essere descritto come bruciore, dolore, irritazione, sensazione di gonfiore o arrossamento. Tra i problemi ginecologici che possono causare dolore vulvare vanno esclusi: infezioni, dermatiti, lichen scleroso, esiti di trauma e lesioni pre-tumorali o tumorali. Se il disturbo dura da più di tre mesi e dalla vulvo-scopia e dagli esami di laboratorio non si evidenziano elementi alterati, si pone diagnosi di Vulvodinia".
Si distinguono due forme principali di vulvodinia: Localizzata o vestibulodinia, in cui il dolore è localizzato all’ingresso della vagina in cui prevale il dolore alla penetrazione e al contatto per sfregamento. E’ di gran lunga la forma più diffusa (80 % dei casi).
Generalizzata che interessa in maniera diffusa la vulva e può irradiarsi all’ano e alle gambe. La pressione sulla vulva accentua il dolore.
In entrambi i casi il sintomo può comparire in assenza di contatto sessuale o non sessuale.
Cause della Vulvodinia
E’ considerata l’ipotesi di una predisposizione genetica ad un’eccessiva risposta agli stimoli infiammatori; può essere presente una dermatite atopica con intolleranza ai farmaci applicati localmente fino al punto da riportare un drastico peggioramento della sintomatologia. Quasi sempre nella storia clinica della paziente viene riferito come causa scatenante episodi ripetuti di candidosi e infezioni della vescica recidivanti. Abitudini inappropriate quali pantaloni aderenti, slip, body, collant facilitano il contatto prolungato delle secrezioni vaginali a livello vulvare favorendo irritazioni croniche.
In molte di queste pazienti si registra un abbassamento della soglia del dolore a livello centrale; tale disposizione amplifica i segnali dalla periferia con l’attivazione di risposte emotive quali ansia e paura e neurovegetative come l’ipertono muscolare. E’ frequente che si manifestino sintomi psicosessuali quali mancanza di desiderio con scarsa lubrificazione o dispareunia per l'ipertono dei mm del pavimento pelvico.
A volte in anamnesi sono presenti traumi a livello vulvo-perineale dovuti a cadute accidentali, esiti cicatriziali di suture di episiotomie o lacerazioni da parto. Più frequentemente ci troviamo di fronte a una storia di ripetuti trattamenti fisici come laser o diatermocoagulazione per la terapia di condilomatosi. In questi casi si suppone che gli effetti arrivino troppo in profondità causando un danno alle terminazioni nervose del dolore. Nelle donne affette dalla malattia il nervo pudendo che interessa il vestibolo vaginale e la vulva presenta fibre aumentate per volume e numero configurando il quadro di una neuropatia periferica.
Terapia
A tutt’oggi non esiste una terapia standardizzata della vulvodinia; data la multifattorialità della sindrome, qualsiasi intervento deve essere calibrato sulla singola paziente e può coinvolgere più figure professionali contemporaneamente o in tempi successivi. Al Ginecologo il compito di avvalersi e modulare di volta in volta i contributi di urologo, anestesista, chirurgo plastico, fisioterapista, dietologo, sessuologo per eliminare i sintomi e migliorare la qualità della vita della paziente.
Il rapporto che si stabilisce tra medico e paziente è fondamentale: nel colloquio il medico si pone in ascolto con un atteggiamento non direttivo ma empatico e la donna può liberamente esprimere i suoi vissuti senza paura di essere giudicata. Trovare chi da senso e credibilità al racconto delle proprie sofferenze è già il primo passo verso la guarigione. Compito del ginecologo è quello di spiegare alla paziente le complesse origini della malattia e, nel rispetto della specificità di ognuna calibrare i vari momenti terapeutici. Questi spaziano dalle norme igieniche e comportamentali mirate ad eliminare, per quanto possibile, i fattori locali irritanti fino alle diete a basso contenuto di ossalati.
E’ altresì previsto l’uso di farmaci quali gli anticonvulsivanti e gli antidepressivi triciclici per trattare la neuropatia periferica.
Per il trattamento di quest’ultima, in base ai più recenti studi del Dr. F. Murina, Direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia, è risultata di particolare efficacia la tecnica TENS (Elettrostimolazione antalgica).
Nei casi più gravi e resistenti a ogni tipo di terapia sono previste varie tecniche di blocco del nervo pudendo con l’interevento dell’anestesista.
Più specificatamente, nella terapia della vulvovestibolite, ci si avvale di infiltrazioni locali con anestetici e cortisone, utili in caso di dolore intenso ma localizzato. Ridimensionato l’uso dell’interferone, per la presenza di importanti effetti collaterali, si sono ottenuti buoni risultati con il botulino, per ridurre l’ipertono dei mm perineali che molto spesso è presente in questa malattia e contribuisce in modo decisivo al mantenimento dei sintomi.
La vestibulectomia, totale o parziale, tecnica di ablazione chirurgica su cui in un primo tempo si erano riposte molte speranze è stata quasi completamente abbandonata per la notevole invasività e a fronte dell’elevato rischio di insuccesso e di complicanze.
Un capitolo a parte riguarda la terapia psicosessuale che può risultare assai efficace in molti i casi di vulvodinia per la frequente associazione, in queste donne, di esperienze sessuali traumatiche o negative che hanno generato fobie, blocchi energetici e conflitti verso il partner. Con gli esercizi di Kegel, da praticare sul lettino ginecologico, la paziente impara a riconoscere lo stato di tensione cronica dei mm del perineo e apprende a contrarli e a rilassarli volontariamente. Successivamente si praticherà lo stretching del pavimento pelvico associato al movimento ritmico del bacino e a una respirazione rilassata e consapevole. In questo modo il corpo si libera, le tensioni accumulate nel bacino si sciolgono, e si possono avvertire sensazioni piacevoli a livello della vulva, invertendo la consuetudine al dolore e modificando cosi il vissuto corporeo
Il trattamento multidisciplinare integrato della vulvodinia
È assai frequente, nella storia delle donne che soffrono di vulvodinia, imbattersi in trascorsi problematici focalizzati sulla zona genitale: da semplici traumi accidentali in età infantile o puberale fino a storie di molestie sessuali o di abuso, magari in ambito familiare. Sono altresì frequenti precedenti di anoressia/bulimia o sindromi ansioso/depressive caratterizzate da una percezione del proprio corpo vissuta problematicamente, con il relativo corteo di fobie e conflitti col proprio femminile con ripercussioni negative nella vita sessuale e relazionale.
Più che per altre patologie, nella vulvodinia si manifesta la coesistenza di intensi vissuti emotivi con importanti evidenze anatomiche e funzionali.
Per la cura di questa malattia è quindi fondamentale un approccio multidisciplinare che coniughi e integri l’uso dei classici presidi medici (e oggi anche chirurgici, come vedremo) con una attenzione tutta particolare alla sfera emotiva.
Quando una paziente che soffre di vulvodinia si presenta al mio Ambulatorio, è mia premura accoglierne non già il solo sintomo ”dolore vulvare”, bensì anche tutta la profonda sofferenza in cui versa quale femmina, sul piano intimo, e quale donna, sul piano relazionale. Ciò mi è possibile col Rispecchiamento Empatico, grazie all’attivazione di tutti i canali, anche e soprattutto di quelli non verbali, della comunicazione. Così compio generalmente il primo passo, indispensabile questo a stabilire un rapporto di fiducia con una persona spesso resa diffidente da molti fallimenti terapeutici.
Quindi, il mio personale intervento declina nelle normali competenze ginecologiche quelle tecniche psico-corporee proprie del Counseling I.B.P. (Integrate Body Psicotherapy) che trae il meglio da Sessuologia Comportamentale, Bioenergetica, PNL, Gestalt e Costellazioni Famigliari.
Dopo un inquadramento per grandi tratti del problema con un’anamnesi generale e ginecologica, con l’indagine circa eventuali patologie associate e le interferenze con la vita sessuale, passo all’analisi del quadro clinico più specifico e alla elaborazione delle strategie per affrontarne le varie sfaccettature.
Successivamente analizzo lo scenario familiare della paziente ovvero i suoi rapporti con i genitori, le influenze religiose, il clima e le norme nella famiglia di origine riguardo all’attenzione rivolta al corpo e alla sessualità, con i riflessi di tutto ciò sull’infanzia e sull’adolescenza della paziente e sulla sua vita da adulta.
Molte informazioni al riguardo ci provengono dall’anamnesi relativa alle prime mestruazioni, o al primo rapporto sessuale completo. Ma la coscienza del coinvolgimento corporeo ed emotivo, in una parola del vissuto della sessualità, viene avvicinata con gli esercizi specifici.
Questi, insieme ai noti esercizi di Kegel per rilassare i muscoli del perineo e al fine di incrementare la consapevolezza psico-corporea, consistono di un basculamento in senso antero-posteriore, più o meno ampio, del bacino associato all’uso contemporaneo e cosciente delle “quattro chiavi”: attenzione, movimento, suono e respiro, in modo da sciogliere le tensioni di un perineo generalmente contratto e di modificare il corso dei pensieri e delle emozioni coinvolti nell’uso della zona genitale, cronicamente contratta. Tali esercizi, dapprima insegnati e praticati sul lettino ginecologico, potranno quindi essere replicati al domicilio e rientrare nel novero delle prescrizioni per tutta la durata della terapia. Si sono inoltre rivelati quale ottimo campo di comunicazione e scambio tra la paziente e il suo medico, particolarmente per quanto attiene ai vissuti psico-corporei della sfera genitale e una buona relazione medico-paziente è il presupposto per il successo terapeutico.
Nella mia personale esperienza ho potuto verificare come l’associazione di queste tecniche con strategie igienico- comportamentali oltre alle tradizionali terapie farmacologiche con l’uso di antidepressivi triciclici (e quelli di nuova generazione come gli srri e similari?) conduca a un netto miglioramento nello stato di benessere della paziente e della sua vita sessuale.
A questo punto, ottenuta una stabilizzazione dei sintomi, il ricorso a infiltrazioni con cellule staminali da adipociti a gel piastrinico autologhi diventa l’elelmento risolutivo, soprattutto nella cura della vestibulodinia associata a dispareunia.
Genova, 01.07.2009
News sulla terapia della vulvodinia
Dagli studi più recenti in campo anatomopatologico è dimostrato che nelle pazienti affette da vulvodinia i tessuti vulvari e vestibolari presentano elevate concentrazioni di mastociti, cioè di quelle cellule responsabili delle reazioni infiammatorie. A uno stato di cronica infiammazione è da attribuirsi la responsabilità dell’assottigliamento e della fragilità della mucosa di vulva e vestibolo vaginale nonché la presenza di eventuale gonfiore ed edema di queste strutture. La liberazione da parte dei mastociti dei fattori dell’infiammazione determina nel tempo un incremento delle terminazioni nervose dolorifiche realizzando quindi uno stato di iperalgesia che consiste nell’abbassamento della soglia del dolore fino, ad esempio, a far percepire un dolore lancinante in seguito a un semplice sfioramento.
La dimostrazione scientifica del danno tessutale e della neuropatia periferica ha dato spunto all’introduzione di terapie infiltrative locali, indicate nei casi:
è possibile riconoscere una precisa topografia del dolore, ad esempio a livello del vestibolo o della zona clitoridea.
quando la paziente lamenta dolore nei rapporti sessuali fino al totale evitamento.
quando la componente della contrattura muscolare non è prevalente.
quando non sono presenti patologie sistemiche associate, quali ad esempio la fibromialgia.
Tali tecniche infiltrative prevedono l’utilizzo di cocktails di anestetici locali e cortisone, iniettati nella sottomucosa,dove le terminazioni nervose sono più addensate. Quando è prevalente la componente dell’ipertono muscolare, buoni risultati si ottengono con l’uso, di recente introduzione, della tossina botulinica.
Nell’ottica multidisciplinare, indispensabile per risolvere una malattia così complessa è nato un confronto fra la mia esperienza di ginecologa che da anni si occupa di vulvodinia e il Dr. Francesco Casabona, chirurgo plastico impegnato nel promuovere una tecnica innovativa che trova applicazione, già da alcuni anni, in chirurgia plastica, nella terapia delle radiodermiti, delle cicatrici distrofiche e, ultimamente, nel trattamento delle sequele morfo-funzionali del lichen sclero-atrofico della vulva, con risultati molto incoraggianti così come pubblicato sulla rivista italiana di chirurgia plastica (40, 67-70, 2008). Lo scopo è quello di ottenere la rigenerazione dei tessuti danneggiati mediante l’utilizzo di cellule staminali di derivazione adiposa. Abbiamo quindi deciso di provare ad estendere questa nuova tecnica alla terapia della vestibolodinia, che da sola riguarda circa l’80% dei casi di vulvodinia che giungono alla mia osservazione.
Il trattamento consiste nell’autoinnesto di cellule stromali di derivazione adiposa mediante lipostruttura in sede sottomucosa vestibolare e nella successiva infiltrazione intramucosa di plasma ricco di piastrine secondo una tecnica combinata. Lo scopo è quello di ottenere un effetto rigenerativo del tessuto danneggiato tramite la stimolazione di fattori biologici che favoriscono un aumento della rivascolarizzazione e una neosintesi di collagene. L’effetto potenziante e aggiuntivo è dato dall’uso di plasma ricco di piastrine di cui è ormai noto il ruolo nell’accelerare i processi di guarigione di tessuti cronicamente infiammati.
Abbiamo quindi selezionato alcune pazienti di età compresa fra i 30 e i 60 anni affette da vestibolodinia che, dopo essere state debitamente informate hanno aderito con entusiasmo all’intervento che si è svolto con sedazione in anestesia locale assistita e che ha comportato un semplice prelievo di sangue, una piccola lipoaspirazione della regione addominale e l’infiltrazione nella vulva.
Nell’anamnesi di queste pazienti erano segnalati trattamenti invasivi a livello vulvare, quali diatermocoagulazione o laser per condilomatosi, esiti cicatriziali di interventi chirurgici locali o locoregionali quali episiotomia, bartolinectomia, emorroiidectomia o trattamento di fistole o ascessi perianali, oltre a traumi della regione perineale.
All’esame obbiettivo presentavano vari gradi di eritema localizzato prevalentemente in sede vestibolare e, alla palpazione, la semplice pressione sulla zona infiammata produceva la comparsa di fissurazioni per la particolare fragilità della mucosa. Con l’utilizzo dei consueti protocolli terapeutici cui erano state precedentemente sottoposte, si erano registrati alcuni miglioramenti ma non la completa remissione della sintomatologia; infatti le pazienti riferivano la ricomparsa dei disturbi in seguito all’uso di medicamenti topici o a una semplice stimolazione locale.
Dopo l’intervento le pazienti, secondo l’ottica multidisciplinare, sono state seguite in parallelo dal ginecologo e dal chirurgo plastico; in alcuni casi hanno proseguito anche le terapie già in atto per la vulvodinia che in altri casi sono invece state gradualmente sospese.
Abbiamo assistito a un visibile miglioramento dell’aspetto clinico con un evidente ringiovanimento della mucosa del vestibolo e di tutta la vulva che presenta attualmente un colorito roseo e un aspetto turgido. Contemporaneamente sono migliorati i sintomi soggettivi quali il bruciore vulvare e la dispaurenia.
Con questa tecnica innovativa è possibile intervenire sul circolo vizioso di mantenimento della malattia: infiammazione – dolore – ipertono muscolare restituendo al tessuto vulvare un certo grado di integrità.
Dott.ssa Rossana Cirillo
www.ilpuntogyn.it/ilpuntogyn_news_terapia_vulvodinia.htm
Nella nostra società, alla Medicina, sempre più tecnologica e superspecialistica, basata sull’evidenza dei numeri e su un’attenzione quasi maniacale per la biochimica dei corpi, viene richiesto oggi di ritrovare, in tutti i campi, quelle qualità di empatia e di calore proprie dell’antico rapporto medico paziente; d’altra parte oggi l’OMS definisce la salute come uno stato di completo benessere e non la semplice assenza di malattia.
E’ contemplata l’alleanza Medico – Paziente con una partecipazione sempre più attiva di quest’ultimo a cui è richiesta una maggiore attenzione ai segnali del proprio corpo e alla loro decodifica perché possa diventare il principale protagonista del proprio benessere o della propria guarigione.
Nel declinare al femminile questa nuova qualità di richiesta, quella del Ginecologo sembra la figura maggiormente deputata. Si sconta però ancora un ritardo di risposte per via di una formazione professionale limitata tradizionalmente agli aspetti strettamente biologici. A meno di un interesse particolarmente coltivato, spesso troviamo il Ginecologo impreparato a cogliere, nelle richieste delle pazienti, quella aspirazione di autonomia e libertà derivanti dal pieno esercizio della propria sessualità.
D’altra parte, uguali ritardi li ritroviamo nella formulazioni di tali richieste da parte delle donne stesse, fra le quali non è poi così uniforme il livello della nuova coscienza del proprio femminile. Di più, nel singolo soggetto che vive, magari pure in modo forte, questa nuova coscienza è possibile ritrovare tra le pieghe dell’universo emotivo gli echi potenti di antichi condizionamenti. Ancora oggi, nella trasmissione dei messaggi tra adulti e bambini all’interno della famiglia, eventi biologici come la prima mestruazione, il primo rapporto sessuale, il parto, l’aborto, la menopausa vengono associati a dolore, perdita soggezione, vergogna. Inoltre possono coesistere nelle singole pazienti conflitti verso il sesso e la sessualità in generale che si manifestano con fobie e sentimenti di colpa e/o paura della gravidanza, conflitto circa la propria identità sessuale, deformazioni dell’immagine corporea.
D‘altra parte per i modelli comportamentali imperanti le pratiche sessuali sono considerate alla stregua di oggetti di largo consumo. Viene considerato legittimo ed auspicabile godere di una piena attività sessuale quando non stigmatizzato come anormale chi non la pratica. Ciò non fa che incrementare lo stato di intima sofferenza di quella importante percentuale di donne, da taluni stimata prossima al 15% (1), che non correla il sesso col piacere perché provano dolore nel fare l’amore e/o convivono con una continua sensazione di disagio o di bruciore vulvare fino a vedere seriamente compromessa la propria vita affettiva e di relazione o, nei casi più estremi, la propria identità femminile fino all’autoesclusione dalla vita sociale.
Molto spesso alla visita ginecologica convenzionale non si riscontra nulla di obbiettivo: non infezioni, non traumi e tutti gli esami di routine sono negativi. Queste donne debbono quindi arrendersi alla sconfortante lettura sull’origine psicologica dei loro disturbi. “Un inferno da vivere ogni giorno”, come cita la Dr.ssa Armocida, psicologa e creatrice del primo sito web sulla Vulvodinia.
Sappiamo invece che non sono frigide, depresse o particolarmente stressate, ma affette appunto da Vulvodinia, una patologia che fino a pochi anni fa era misconosciuta e non ritenuta degna di particolare interesse, in quanto i sintomi si presentano spesso in modo subdolo e sfuggente.
Da sempre relegata fra i disturbi di ordine psicosomatico , misconosciuta dai ginecologi e ignorata anche dai sessuologi, non se ne faceva cenno nelle classificazioni dei disturbi sessuali e solo di recente è emersa l’esigenza di comprenderne la patogenesi ed elaborare iter diagnostici e approcci terapeutici adeguati. Alla Vulvodinia è oggi riconosciuta dignità nosografica e una precisa collocazione scientifica con la dovuta trattazione nelle sedi dedicate (congressi, riviste, ecc), quanto a patogenesi, iter diagnostici e approcci terapeutici.
Recentemente l’interesse verso questa malattia ha coinvolto anche i media; in un episodio della nota serie televisiva "Sex And The City" a una delle protagoniste è stata diagnosticata la vulvodinia e trattata secondo i noti protocolli. Susanne Kaysen ha pubblicato nel suo libro "Io e Lei" la storia della propria esperienza con la malattia e i suoi sintomi debilitanti.
In seguito alla diffusione del problema, è nata ed è attiva l’Associazione Italiana Vulvodinia (AIV) con lo scopo di migliorare la qualità di vita delle pazienti, indirizzarle nella scelta del Centro o del Professionista in grado di trattare in modo competente la sindrome, organizzare gruppi di auto tra donne, incoraggiare e sostenere progetti di ricerca per trovare terapie sempre più efficaci.
La storia della Vulvodinia
Per la prima volta nella letteratura ginecologica venne descritta nel 1880 da Thomas una "sindrome dolorosa vulvare" come "forma di eccessiva sensibilità delle fibre nervose deputate all’innervazione della mucosa vulvare, confinata al vestibolo e talora a un piccolo labbro".
Un’ analoga situazione fu descritta da Skene nel 1888 questa malattia è caratterizzata da ipersensibilità della vulva: "quando le dita toccano le parti iperestesiche la paziente lamenta dolore cosi forte che piange".
Per tornare a parlare di questa sindrome bisogna aspettare il 1928 quando Kelly descrive "aree di arrossamento particolarmente sensibili localizzate a ridosso dell’anello imenale".
Per i successivi 50 anni non ne viene più fatto cenno nelle sedi accademiche e solo nel 1975 al congresso mondiale di vulvologia viene descritta come la sindrome della "vulva che brucia".
La definizione attuale della vulvodinia secondo ISSVD e pubblicata nel 2004 è: "fastidio vulvare, spesso bruciore ,in assenza di alterazioni visibili, o di problematiche neurologiche".
Cosa si intende per Vulvodinia?
L’Associazione Italiana Vulvodinia così la descrive: "una sensazione dolorosa cronica che interessa la regione vulvare. Il fastidio può essere descritto come bruciore, dolore, irritazione, sensazione di gonfiore o arrossamento. Tra i problemi ginecologici che possono causare dolore vulvare vanno esclusi: infezioni, dermatiti, lichen scleroso, esiti di trauma e lesioni pre-tumorali o tumorali. Se il disturbo dura da più di tre mesi e dalla vulvo-scopia e dagli esami di laboratorio non si evidenziano elementi alterati, si pone diagnosi di Vulvodinia".
Si distinguono due forme principali di vulvodinia: Localizzata o vestibulodinia, in cui il dolore è localizzato all’ingresso della vagina in cui prevale il dolore alla penetrazione e al contatto per sfregamento. E’ di gran lunga la forma più diffusa (80 % dei casi).
Generalizzata che interessa in maniera diffusa la vulva e può irradiarsi all’ano e alle gambe. La pressione sulla vulva accentua il dolore.
In entrambi i casi il sintomo può comparire in assenza di contatto sessuale o non sessuale.
Cause della Vulvodinia
E’ considerata l’ipotesi di una predisposizione genetica ad un’eccessiva risposta agli stimoli infiammatori; può essere presente una dermatite atopica con intolleranza ai farmaci applicati localmente fino al punto da riportare un drastico peggioramento della sintomatologia. Quasi sempre nella storia clinica della paziente viene riferito come causa scatenante episodi ripetuti di candidosi e infezioni della vescica recidivanti. Abitudini inappropriate quali pantaloni aderenti, slip, body, collant facilitano il contatto prolungato delle secrezioni vaginali a livello vulvare favorendo irritazioni croniche.
In molte di queste pazienti si registra un abbassamento della soglia del dolore a livello centrale; tale disposizione amplifica i segnali dalla periferia con l’attivazione di risposte emotive quali ansia e paura e neurovegetative come l’ipertono muscolare. E’ frequente che si manifestino sintomi psicosessuali quali mancanza di desiderio con scarsa lubrificazione o dispareunia per l'ipertono dei mm del pavimento pelvico.
A volte in anamnesi sono presenti traumi a livello vulvo-perineale dovuti a cadute accidentali, esiti cicatriziali di suture di episiotomie o lacerazioni da parto. Più frequentemente ci troviamo di fronte a una storia di ripetuti trattamenti fisici come laser o diatermocoagulazione per la terapia di condilomatosi. In questi casi si suppone che gli effetti arrivino troppo in profondità causando un danno alle terminazioni nervose del dolore. Nelle donne affette dalla malattia il nervo pudendo che interessa il vestibolo vaginale e la vulva presenta fibre aumentate per volume e numero configurando il quadro di una neuropatia periferica.
Terapia
A tutt’oggi non esiste una terapia standardizzata della vulvodinia; data la multifattorialità della sindrome, qualsiasi intervento deve essere calibrato sulla singola paziente e può coinvolgere più figure professionali contemporaneamente o in tempi successivi. Al Ginecologo il compito di avvalersi e modulare di volta in volta i contributi di urologo, anestesista, chirurgo plastico, fisioterapista, dietologo, sessuologo per eliminare i sintomi e migliorare la qualità della vita della paziente.
Il rapporto che si stabilisce tra medico e paziente è fondamentale: nel colloquio il medico si pone in ascolto con un atteggiamento non direttivo ma empatico e la donna può liberamente esprimere i suoi vissuti senza paura di essere giudicata. Trovare chi da senso e credibilità al racconto delle proprie sofferenze è già il primo passo verso la guarigione. Compito del ginecologo è quello di spiegare alla paziente le complesse origini della malattia e, nel rispetto della specificità di ognuna calibrare i vari momenti terapeutici. Questi spaziano dalle norme igieniche e comportamentali mirate ad eliminare, per quanto possibile, i fattori locali irritanti fino alle diete a basso contenuto di ossalati.
E’ altresì previsto l’uso di farmaci quali gli anticonvulsivanti e gli antidepressivi triciclici per trattare la neuropatia periferica.
Per il trattamento di quest’ultima, in base ai più recenti studi del Dr. F. Murina, Direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia, è risultata di particolare efficacia la tecnica TENS (Elettrostimolazione antalgica).
Nei casi più gravi e resistenti a ogni tipo di terapia sono previste varie tecniche di blocco del nervo pudendo con l’interevento dell’anestesista.
Più specificatamente, nella terapia della vulvovestibolite, ci si avvale di infiltrazioni locali con anestetici e cortisone, utili in caso di dolore intenso ma localizzato. Ridimensionato l’uso dell’interferone, per la presenza di importanti effetti collaterali, si sono ottenuti buoni risultati con il botulino, per ridurre l’ipertono dei mm perineali che molto spesso è presente in questa malattia e contribuisce in modo decisivo al mantenimento dei sintomi.
La vestibulectomia, totale o parziale, tecnica di ablazione chirurgica su cui in un primo tempo si erano riposte molte speranze è stata quasi completamente abbandonata per la notevole invasività e a fronte dell’elevato rischio di insuccesso e di complicanze.
Un capitolo a parte riguarda la terapia psicosessuale che può risultare assai efficace in molti i casi di vulvodinia per la frequente associazione, in queste donne, di esperienze sessuali traumatiche o negative che hanno generato fobie, blocchi energetici e conflitti verso il partner. Con gli esercizi di Kegel, da praticare sul lettino ginecologico, la paziente impara a riconoscere lo stato di tensione cronica dei mm del perineo e apprende a contrarli e a rilassarli volontariamente. Successivamente si praticherà lo stretching del pavimento pelvico associato al movimento ritmico del bacino e a una respirazione rilassata e consapevole. In questo modo il corpo si libera, le tensioni accumulate nel bacino si sciolgono, e si possono avvertire sensazioni piacevoli a livello della vulva, invertendo la consuetudine al dolore e modificando cosi il vissuto corporeo
Il trattamento multidisciplinare integrato della vulvodinia
È assai frequente, nella storia delle donne che soffrono di vulvodinia, imbattersi in trascorsi problematici focalizzati sulla zona genitale: da semplici traumi accidentali in età infantile o puberale fino a storie di molestie sessuali o di abuso, magari in ambito familiare. Sono altresì frequenti precedenti di anoressia/bulimia o sindromi ansioso/depressive caratterizzate da una percezione del proprio corpo vissuta problematicamente, con il relativo corteo di fobie e conflitti col proprio femminile con ripercussioni negative nella vita sessuale e relazionale.
Più che per altre patologie, nella vulvodinia si manifesta la coesistenza di intensi vissuti emotivi con importanti evidenze anatomiche e funzionali.
Per la cura di questa malattia è quindi fondamentale un approccio multidisciplinare che coniughi e integri l’uso dei classici presidi medici (e oggi anche chirurgici, come vedremo) con una attenzione tutta particolare alla sfera emotiva.
Quando una paziente che soffre di vulvodinia si presenta al mio Ambulatorio, è mia premura accoglierne non già il solo sintomo ”dolore vulvare”, bensì anche tutta la profonda sofferenza in cui versa quale femmina, sul piano intimo, e quale donna, sul piano relazionale. Ciò mi è possibile col Rispecchiamento Empatico, grazie all’attivazione di tutti i canali, anche e soprattutto di quelli non verbali, della comunicazione. Così compio generalmente il primo passo, indispensabile questo a stabilire un rapporto di fiducia con una persona spesso resa diffidente da molti fallimenti terapeutici.
Quindi, il mio personale intervento declina nelle normali competenze ginecologiche quelle tecniche psico-corporee proprie del Counseling I.B.P. (Integrate Body Psicotherapy) che trae il meglio da Sessuologia Comportamentale, Bioenergetica, PNL, Gestalt e Costellazioni Famigliari.
Dopo un inquadramento per grandi tratti del problema con un’anamnesi generale e ginecologica, con l’indagine circa eventuali patologie associate e le interferenze con la vita sessuale, passo all’analisi del quadro clinico più specifico e alla elaborazione delle strategie per affrontarne le varie sfaccettature.
Successivamente analizzo lo scenario familiare della paziente ovvero i suoi rapporti con i genitori, le influenze religiose, il clima e le norme nella famiglia di origine riguardo all’attenzione rivolta al corpo e alla sessualità, con i riflessi di tutto ciò sull’infanzia e sull’adolescenza della paziente e sulla sua vita da adulta.
Molte informazioni al riguardo ci provengono dall’anamnesi relativa alle prime mestruazioni, o al primo rapporto sessuale completo. Ma la coscienza del coinvolgimento corporeo ed emotivo, in una parola del vissuto della sessualità, viene avvicinata con gli esercizi specifici.
Questi, insieme ai noti esercizi di Kegel per rilassare i muscoli del perineo e al fine di incrementare la consapevolezza psico-corporea, consistono di un basculamento in senso antero-posteriore, più o meno ampio, del bacino associato all’uso contemporaneo e cosciente delle “quattro chiavi”: attenzione, movimento, suono e respiro, in modo da sciogliere le tensioni di un perineo generalmente contratto e di modificare il corso dei pensieri e delle emozioni coinvolti nell’uso della zona genitale, cronicamente contratta. Tali esercizi, dapprima insegnati e praticati sul lettino ginecologico, potranno quindi essere replicati al domicilio e rientrare nel novero delle prescrizioni per tutta la durata della terapia. Si sono inoltre rivelati quale ottimo campo di comunicazione e scambio tra la paziente e il suo medico, particolarmente per quanto attiene ai vissuti psico-corporei della sfera genitale e una buona relazione medico-paziente è il presupposto per il successo terapeutico.
Nella mia personale esperienza ho potuto verificare come l’associazione di queste tecniche con strategie igienico- comportamentali oltre alle tradizionali terapie farmacologiche con l’uso di antidepressivi triciclici (e quelli di nuova generazione come gli srri e similari?) conduca a un netto miglioramento nello stato di benessere della paziente e della sua vita sessuale.
A questo punto, ottenuta una stabilizzazione dei sintomi, il ricorso a infiltrazioni con cellule staminali da adipociti a gel piastrinico autologhi diventa l’elelmento risolutivo, soprattutto nella cura della vestibulodinia associata a dispareunia.
Genova, 01.07.2009
News sulla terapia della vulvodinia
Dagli studi più recenti in campo anatomopatologico è dimostrato che nelle pazienti affette da vulvodinia i tessuti vulvari e vestibolari presentano elevate concentrazioni di mastociti, cioè di quelle cellule responsabili delle reazioni infiammatorie. A uno stato di cronica infiammazione è da attribuirsi la responsabilità dell’assottigliamento e della fragilità della mucosa di vulva e vestibolo vaginale nonché la presenza di eventuale gonfiore ed edema di queste strutture. La liberazione da parte dei mastociti dei fattori dell’infiammazione determina nel tempo un incremento delle terminazioni nervose dolorifiche realizzando quindi uno stato di iperalgesia che consiste nell’abbassamento della soglia del dolore fino, ad esempio, a far percepire un dolore lancinante in seguito a un semplice sfioramento.
La dimostrazione scientifica del danno tessutale e della neuropatia periferica ha dato spunto all’introduzione di terapie infiltrative locali, indicate nei casi:
è possibile riconoscere una precisa topografia del dolore, ad esempio a livello del vestibolo o della zona clitoridea.
quando la paziente lamenta dolore nei rapporti sessuali fino al totale evitamento.
quando la componente della contrattura muscolare non è prevalente.
quando non sono presenti patologie sistemiche associate, quali ad esempio la fibromialgia.
Tali tecniche infiltrative prevedono l’utilizzo di cocktails di anestetici locali e cortisone, iniettati nella sottomucosa,dove le terminazioni nervose sono più addensate. Quando è prevalente la componente dell’ipertono muscolare, buoni risultati si ottengono con l’uso, di recente introduzione, della tossina botulinica.
Nell’ottica multidisciplinare, indispensabile per risolvere una malattia così complessa è nato un confronto fra la mia esperienza di ginecologa che da anni si occupa di vulvodinia e il Dr. Francesco Casabona, chirurgo plastico impegnato nel promuovere una tecnica innovativa che trova applicazione, già da alcuni anni, in chirurgia plastica, nella terapia delle radiodermiti, delle cicatrici distrofiche e, ultimamente, nel trattamento delle sequele morfo-funzionali del lichen sclero-atrofico della vulva, con risultati molto incoraggianti così come pubblicato sulla rivista italiana di chirurgia plastica (40, 67-70, 2008). Lo scopo è quello di ottenere la rigenerazione dei tessuti danneggiati mediante l’utilizzo di cellule staminali di derivazione adiposa. Abbiamo quindi deciso di provare ad estendere questa nuova tecnica alla terapia della vestibolodinia, che da sola riguarda circa l’80% dei casi di vulvodinia che giungono alla mia osservazione.
Il trattamento consiste nell’autoinnesto di cellule stromali di derivazione adiposa mediante lipostruttura in sede sottomucosa vestibolare e nella successiva infiltrazione intramucosa di plasma ricco di piastrine secondo una tecnica combinata. Lo scopo è quello di ottenere un effetto rigenerativo del tessuto danneggiato tramite la stimolazione di fattori biologici che favoriscono un aumento della rivascolarizzazione e una neosintesi di collagene. L’effetto potenziante e aggiuntivo è dato dall’uso di plasma ricco di piastrine di cui è ormai noto il ruolo nell’accelerare i processi di guarigione di tessuti cronicamente infiammati.
Abbiamo quindi selezionato alcune pazienti di età compresa fra i 30 e i 60 anni affette da vestibolodinia che, dopo essere state debitamente informate hanno aderito con entusiasmo all’intervento che si è svolto con sedazione in anestesia locale assistita e che ha comportato un semplice prelievo di sangue, una piccola lipoaspirazione della regione addominale e l’infiltrazione nella vulva.
Nell’anamnesi di queste pazienti erano segnalati trattamenti invasivi a livello vulvare, quali diatermocoagulazione o laser per condilomatosi, esiti cicatriziali di interventi chirurgici locali o locoregionali quali episiotomia, bartolinectomia, emorroiidectomia o trattamento di fistole o ascessi perianali, oltre a traumi della regione perineale.
All’esame obbiettivo presentavano vari gradi di eritema localizzato prevalentemente in sede vestibolare e, alla palpazione, la semplice pressione sulla zona infiammata produceva la comparsa di fissurazioni per la particolare fragilità della mucosa. Con l’utilizzo dei consueti protocolli terapeutici cui erano state precedentemente sottoposte, si erano registrati alcuni miglioramenti ma non la completa remissione della sintomatologia; infatti le pazienti riferivano la ricomparsa dei disturbi in seguito all’uso di medicamenti topici o a una semplice stimolazione locale.
Dopo l’intervento le pazienti, secondo l’ottica multidisciplinare, sono state seguite in parallelo dal ginecologo e dal chirurgo plastico; in alcuni casi hanno proseguito anche le terapie già in atto per la vulvodinia che in altri casi sono invece state gradualmente sospese.
Abbiamo assistito a un visibile miglioramento dell’aspetto clinico con un evidente ringiovanimento della mucosa del vestibolo e di tutta la vulva che presenta attualmente un colorito roseo e un aspetto turgido. Contemporaneamente sono migliorati i sintomi soggettivi quali il bruciore vulvare e la dispaurenia.
Con questa tecnica innovativa è possibile intervenire sul circolo vizioso di mantenimento della malattia: infiammazione – dolore – ipertono muscolare restituendo al tessuto vulvare un certo grado di integrità.
Dott.ssa Rossana Cirillo
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- Aida Blanchett
Elena Tione Presidente VULVODINIA.INFO ONLUS - Qualifica professionale :
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Vulvodinia ed estrogeni
Dom 27 Feb 2011, 03:12
Questione complessa... come avevo scritto:
http://www.alessandragraziottin.it/div_scheda.php?ID=1174
Da un lavoro della prof.ssa Graziottin:
grassetti miei; inoltre, tratto da un lavoro del dr. Cappellano:
www.webalice.it/.../Dr.%20Cappellano%20F.%20-%20Dolore%20pelvico%20cronico.pdf
ora, l'altra faccia della medaglia:
e dal già citato articolo di Murina presente in "pillola e vulvodinia":
Durante il picco ovulatorio e nella fase premestruale abbiamo due picchi estrogenici (studiatevi l'ovulazione ne "il ciclo mestruale"). Ecco che in queste due fasi molte donne percepiscono un aumento dei bruciori, che si attenua negli altri periodi del mese.Admin ha scritto:per gli estrogeni:
in realtà il loro livello influenza la nevrite negativamente, questo sia
dagli studi che empiricamente (notato su di me e su altre), per cui è
molto utile al riguardo stilare un diario dei sintomi tipo quello che
faccio io con i vari +. Durante il picco ovulatorio e in fase premestruo
ci sono più bruciori. Per contro però, una carenza estrogenica può
creare assottigliamento della mucosa e quindi maggiori fastidi. Il top
sarebbe avere una fluttuazione ormonale ben regolata, eliminare la
pillola (che abbassa, tra gli altri danni che fa, il livello di
testosterone, indispensabile anch'esso nel trofismo delle mucose),
utilizzare ovuli a base di vit. A, E acido jaluronico e beta
glicirretico, nonché soja (fitoestrogeno).
http://www.alessandragraziottin.it/div_scheda.php?ID=1174
Da un lavoro della prof.ssa Graziottin:
Naturalmentegli estrogeni hanno un ruolo critico tra gli
agonisti della degranulazione mastocitaria (24, 25) e questo può spiegare
le riacutizzazioni (“flares”) cicliche del dolore riportate da molte donne
nella vestibolite vulvare (5), nella cistite interstiziale (9, 25) e in altre
forme di dolore pelvico cronico. L’infiammazione mediata da stimoli
neurogeni appare di crescente importanza nelle sindromi algiche
pelviche croniche. Il Nerve Growth Factor (NGF), il fattore di crescita
dei nervi, è una neurotrofina responsabile della proliferazione delle fibre
nervose del dolore in corso di infiammazione cronica. Viene prodotto
dal mastocita iperattivato, in quantità fino a 50 volte superiori al normale
(9, 25). Il trattamento con antagonisti degli estrogeni, nel topo, riduce
la produzione di RNA messaggero per l’NGF nella mucosa vescicale,
che esprime recettori per gli estrogeni di tipo sia alfa, sia beta. Inoltre
gli estrogeni possono modulare la infiammazione neurogena (in cui la
degranulazione del mastocita è attivata per via retrograda dalle
terminazioni nervose sensoriali) interagendo con altri fattori e cellule
che partecipano alla infiammazione neurogena (25, 26). [...]
25. Bjorling DE, Wang Z Yi. Estrogen and neuroinflammation. Urology, 2001; 57, 6, S1:
40-46.
26. Aloe L, Leon A, Levi-Montalcini R. A proposed autacoid mechanism controlling
mastocyte behaviour. Agents Actions, 1993; 39, S: 145-147.
www.fondazionegraziottin.org/.../1133%20-%20dolore%20pelvico%20cronico%20-%20libri%20dellaogoi.pdfQuanto più il dolore diventa neuropatico, e quindi malattia in sé, tanto
più tende a svincolarsi dai fattori precipitanti (infettivi, traumatici, chimici,
fisici, allergici) che lo avevano causato. Tende inoltre a:
• reclutare in attività un numero crescente di fibre del dolore A-delta
e C, che normalmente sono silenti (o dormenti). Il 70-80% delle fibre
del dolore è infatti usualmente inattivo, e viene chiamato in attività
dall’infiammazione tessutale acuta e, soprattutto, cronica (29, 30);
• comportare il coinvolgimento algico di organi vicini, attraverso
l’interazione delle vie nervose del dolore, con un meccanismo definito
di “cross-talk”, di dialogo neurochimico incrociato. Questo contribuisce
a spiegare la perdita progressiva della localizzazione d’organo e il
coinvolgimento graduale di più organi pelvici (9);
• attivare l’infiammazione neurogena, attraverso gli stimoli alla
degranulazione mastocitaria che si muovono per via retrograda lungo
le fibre sensoriali (9, 25, 27-30).
grassetti miei; inoltre, tratto da un lavoro del dr. Cappellano:
, tratto daInfiammazione neurogena ed estrogeni
• Riscontro di una percentuale elevata di donne
affette da patologie neuro infiammatorie
• Elevato numero di mastociti con recettori
estrogeno positivi nelle biopsie vescicali di
pazienti affette da CI (Bjorling 2001)
• Sinergismo noto fra gli estrogeni e i recettori del
NGF nello sviluppo fetale
• Persistenza nell’età adulta con una up regulation
nell età
dell’azione
del NGF e della neuroplasticità
www.webalice.it/.../Dr.%20Cappellano%20F.%20-%20Dolore%20pelvico%20cronico.pdf
ora, l'altra faccia della medaglia:
http://www.alessandragraziottin.it/div_scheda.php?ID=1174Gli estrogeni, in particolare, sono preziosi per aumentare le capacità
di difesa di questi tessuti e mantenere un miglior trofismo, ossia un
migliore stato di nutrizione e vascolarizzazione, che a sua volta
costituisce una migliore difesa sia dalle infezioni, sia dai traumi
meccanici dovuti al rapporto
e dal già citato articolo di Murina presente in "pillola e vulvodinia":
E’
stato evidenziato come fattori ormonali correlati agli estrogeni ed al
testosterone possono svolgere un ruolo rilevante nella
vestibolodinia.
Le donne con vestibolodinia hanno una espressione significativamente ridotta di recettori estrogenici in sede vestibolare, ciò
spiega la frequente osservazione un assottigliamento della mucosa vestibolare che appare più fragile e vulnerabile.
Il ruolo degli androgeni nella vestibolodinia è di recente introduzione ed appare molto interessante dal punto di vista
concettuale.
Il tessuto vestibolare è di derivazione dal seno urogenitale, che è embriologicamente analogo alle ghiandole urogenitali del
maschio.
Queste ghiandole esprimono un’alta concentrazione di recettori androgenici, che implicano come un’adeguata quantità di
testosterone è essenziale per il mantenimento di un corretto trofismo tissutale.
Analogamente a quanto avviene per gli estrogeni, anche per gli androgeni è stato dimostrato come nelle donne con
vestibolodinia, c’è una minor espressione recettoriale a livello vestibolare.
Uno studio clinico ha comparato 138 pazienti con vestibolodinia rispetto a 309 controlli, rilevando che le donne che avevano
usato estro progestinici contraccettivi (E-P) erano 6.66 volte più a rischio di sviluppare una vestibolodinia rispetto a quelle
non
li avevano mai assunti ; inoltre se l’assunzione era avvenuta prima dei
16 anni, il rischio relativo raggiungeva le 9.3 volte,
in particolare se l’uso era stato protratto dai 2 ai 4 anni.
Gli ormoni contenuti negli E-P agiscono negativamente nella vestibolodinia attraverso un meccanismo di down-regulation
dei
recettori estrogenici nel tessuto vulvo-vaginale. Questi, inoltre,
modificano la quantità e la qualità del muco, rendendo più
vulnerabile la mucosa vestibolare, che diventa maggiormente irritabile da parte delle secrezioni vaginali fisiologicamente ad
un ph acido, tipico dell’età fertile della donna.
Test
di valutazione sensitiva (soglia quantitativa di percezione
termico-tattile) eseguiti in sede vestibolare, hanno evidenziato
come nelle donne che assumono E-P vi sia una soglia di percezione tattile al dolore significativamente più bassa rispetto ai
controlli, in particolare nella parte posteriore del vestibolo.
Queste evidenze suggeriscono come l’uso degli E-P può indurre un incremento della sensibilità della mucosa vestibolare in
donne sane, contribuendo allo sviluppo di una vestibolodinia.
Analizzando la dose e la composizione degli E-P, si è evidenziato come non tutti i prodotti si comportano allo stesso modo nei
confronti della vulvodinia. I preparati a basso contenuto estrogenico (nel predisporre od aggravare una vulvodinia.
La mucosa vestibolare spesso subisce un fenomeno di assottigliamento legato ad uno scarso assorbimento estrogenico, che
viene aggravato se la donna assume un E-P che apporta una ridotta dose di estrogeni.
Anche
gli androgeni sono influenzati dagli E-P, il loro livello ematico è
ridotto attraverso due differenti meccanismi: l’inibizione
diretta della produzione ovarica, e l’incremento della sintesi epatica delle SHBG.
In conclusione la scelta degli E-P nelle pazienti con vestibolodinia non deve essere casuale, ma bisogna optare per prodotti
con
tasso di etinilestradiolo maggiore di 20 microg e con progestinici
differenti dal norgestimato o drospirenone, principi attivi più
distanti dal testosterone.
Riferimenti bibliografici
• Berglund AL, Nigaard L, Rylander E: Vulvar pain, sexual behavior, and genital infections in a young population: a pilot
study. Acta Obst and Gynecol Scandinavica 81, 738-42; 2002
• Eva LJ, MacLean AB, Reid WM, Rolfe KJ, Perrett CW: Estrogen receptor expression in vulvar vestibulitis syndrome.
Am J Obstet Gynecol 189(2):458-61; 2003
• Sutherland S et Al: Female sexual dysfunction to sexual pain: androgen influence on the pathophysiology of vulvar
vestibulitis syndrome. ISSWSH Meeting Oct 28-31, Atlanta
• Bouchard C, Brisson J, Fortier M, Morin C and Bianohette, C: Use of oral contraceptive pills and vulvar vestibulitis: a
case-control study, Am J Epidemiol 156:254-61; 2002
• Bohm-Starke N, Johannesson U, Hilliges M, Rylander E and Torebjork, E: Decreased mechanical pain threshold in
the vestibular mucosa of women using oral contraceptives: a contributing factor if vulvar vestibulitis? J Reprod Med
49:888-92; 2004
- Aida Blanchett
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sempre dal lavoro della Graziottin, grassetto mio:
www.suniurologia.it/Download/Documenti/urologia75-atti.pdfTra le cause
biologiche, l’infiammazione cronica, di diversa etiolo-
gia, è il fattore che più predispone al dolore cronico (5-
8). Il mastocita è la cellula che dirige sia il processo del-
l’infiammazione cronica, sia il viraggio a dolore
cronico, attraverso la produzione di Nerve Growth Fac-
tor (NGF) e altre neurotrofine (9-12). Il dolore è allea-
to della salute quando ci avverte di un danno in corso
(dolore “nocicettivo”); trascurato può diventare un ne-
mico perché diventa malattia in sé (dolore “neuropati-
co”) (13-15). Le donne, nell’età fertile, sono più predi-
sposte all’infiammazione cronica: le fluttuazioni degli
estrogeni sono fattori agonisti della degranulazione del
mastocita, specie in fase premestruale, contribuendo al-
l’esacerbazione del dolore lamentata in questa fase del
ciclo (16-19).
[...]
Il mastocita, per esempio, ha un ruolo fondamentale
nella risposta infiammatoria e algica, come è stato ben
evidenziato nell’ottima monografia che Immunological
Review ha dedicato al mastocita nel giugno 2007 (cui si
rimanda per approfondimenti) (9-12). Il mastocita co-
stituisce il denominatore comune dei diversi quadri al-
gici che concorrono al dolore pelvico cronico, spesso in
comorbilità. Può essere attivato da una serie di stimoli
agonisti rappresentati non solo da infezioni (Candida
spp., Escherichia Coli, Chlamydia, Ureaplasma ecc.), ma
anche danni fisici o chimici (laser e DTC), estrogeni
(responsabili dei flares di dolore in fase premestruale),
traumi meccanici, derivanti anche dal rapporto sessuale
(microabrasioni della mucosa in condizioni di secchez-
za vaginale), in caso di cistiti postcoitali o vestiboliti
vulvari, e da stimoli neurogeni (6, 21, 23, 24). Proprio
l’eterogeneità degli stimoli agonisti non deve più indur-
re all’equazione “segni di infiammazione = infezione”,
ma a riconoscere che molti stati infiammatori non han-
no germi come fattori scatenanti, ma al massimo come
fattori di contorno. L’attivazione del mastocita porta al-
la sua degranulazione con liberazione non solo dei clas-
sici mediatori dell’infiammazione (bradichinina, fattori
vasoattivi, istamina), responsabili di bruciore, dolore,
calore, rossore, edema tessutale e lesione funzionale, ma
anche, tra gli altri, di serotonina e Nerve Growth Fac-
tor (NGF) (6, 21, 23, 24). Quest’ultimo causa la proli-
ferazione delle terminazioni nervose del dolore, respon-
sabili dell’iperalgesia periferica, nonché, probabilmente,
dell’abbassamento della soglia del dolore centrale (6,
27). Nell’ambito del CPP, il ruolo critico del mastocita
è emergente nei casi sottoelencati.
- Aida Blanchett
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e
www.fondazionegraziottin.org/.../1146%20-%20vestibolite%20vulvare%20-%20aspetti%20fisiopatologici%20e%20clinici.pdfIl sistema ormonale: la VV è un disturbo tipico dell’età fertile. In alcune donne sono
tipiche le crisi di dolore (“flares”) premestruali (un’altra caratteristica in comune con l’IC).
E’ stata ipotizzata un’ipersensibilità del mastocita agli estrogeni. Gli estrogeni sono infatti
agonisti della degranulazione mastocitaria. Dopo la menopausa, le ricorrenze di VV sono
state riscontrate durante terapia ormonale sostitutiva vaginale e/o sistemica, in sinergia con
le candidosi ricorrenti. Questo per l’interazione tra estrogeni e vulnerabilità alle infezioni da
candida, e tra estrogeni e degranulazione mastocitaria.
- sheena
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allego un opuscolo della National Vulvodynia association (NVA), è a pagamento però l'ho trovato in pdf in internet..se sapete l'inglese (non è il mio forte) dateci dentro!lo trovate anche qui agggratis http://www.saintpatrick.org/uploads/docs/Women's%20Care%20Functional%20Medicine/Vulvodynia-VBD%20patient%20guide.pdf
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era già inserito in Homepage....https://www.vulvodiniapuntoinfo.com/
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chiedo scusa a Sheena perché ho avuto una svista: sono due documenti diversi, e quello da lei segnalato lo potete visulazizzare anche tramite google documents!Ovvio è tutto in inglese Grazie Sheena!
edit: se non vi si apre il link sopra provate con questo:
http://www.saintpatrick.org/uploads/docs/Women%27s%20Care%20Functional%20Medicine/Health%20Information/Vulvodynia-VBD%20patient%20guide.pdf
edit: se non vi si apre il link sopra provate con questo:
http://www.saintpatrick.org/uploads/docs/Women%27s%20Care%20Functional%20Medicine/Health%20Information/Vulvodynia-VBD%20patient%20guide.pdf
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Ancora dubbi sulla Vulvodinia (impr. vestibolite)?
Dom 16 Ott 2011, 08:53
Se dopo questa lettura avete ancora dubbi e confusione in merito alla terminologia (vestibolite, vulvodinia, vestibulodinia, sindrome vulvovestibolare, sindrome della vestibolite vulvare), in merito all'etipatogenesi etc, just ask
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Vulvodinia (impr. vestibolite), vaginosi e nulliparità: un appunto
Mer 16 Nov 2011, 18:11
La nulliparità e la vaginosi batterica sono fattori di rischio per la vestibolite vulvare
La vestibolite vulvare è una delle principali cause di dispareunia nelle giovani donne.
Uno studio compiuto da Ricercatori del Karolinska University Hospital, ha valutato i fattori di rischio associati alla vestibolite vulvare.
L’analisiretrospettiva è stata condotta sulle cartelle cliniche di 45 pazienti a cui era stata diagnosticata la vestibolite vulvare.
Le pazienti avevano l’età mediana di 24 anni ( range: 19-49 anni ).
I fattori di rischio per la vestibolite sono risultati: nulliparità ( odds ratio, OR=8.4 ) e vaginosi batterica ( OR=3.37 ).
L’aggiustamento per l’età ha diluito l’effetto della contraccezione orale e del frequente trattamento per candidasi.
Questoè il terzo studio caso-controllo ad identificare la vaginosi batterica come un fattore di rischio per la vestibolite. ( Xagena2007 )
Edgardh K, Abdelnoor M, Acta Derm Venereol 2007; 87; 350-355
Gyne2007 Fonte: http://medfocus.it/medicinaold/show.php?a=12650&l=v&w=vestibolitevulvare&r=nulliparit%C3%A0La vestibolite vulvare è una delle principali cause di dispareunia nelle giovani donne.
Uno studio compiuto da Ricercatori del Karolinska University Hospital, ha valutato i fattori di rischio associati alla vestibolite vulvare.
L’analisiretrospettiva è stata condotta sulle cartelle cliniche di 45 pazienti a cui era stata diagnosticata la vestibolite vulvare.
Le pazienti avevano l’età mediana di 24 anni ( range: 19-49 anni ).
I fattori di rischio per la vestibolite sono risultati: nulliparità ( odds ratio, OR=8.4 ) e vaginosi batterica ( OR=3.37 ).
L’aggiustamento per l’età ha diluito l’effetto della contraccezione orale e del frequente trattamento per candidasi.
Questoè il terzo studio caso-controllo ad identificare la vaginosi batterica come un fattore di rischio per la vestibolite. ( Xagena2007 )
Edgardh K, Abdelnoor M, Acta Derm Venereol 2007; 87; 350-355
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Vulvodinia FAQ ❖ Vulvodinia.info
Mer 11 Apr 2012, 23:11
link linee guida prof Torresani clicca qui
link Schema d'Attacco clicca qui
- simba
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bruciore esterno
Gio 21 Giu 2012, 22:21
Ciao,
chiedo un chiarimento in merito ad un nuovo sintomo comparso in questi giorni: bruciore ed un po' di prurito nella piega tra le grandi e le piccole labbra con rossore e pelle molto lucida. La cosa "strana" e' che in piu' di un anno questo non mi era mai successo e tra l'altro erano un po' di giorni che i sintoni della mia svv si erano alleviati!! E' mai possible che non si puo' stare tranquille!!!
Quando pensi di essere sulla strada giusta, che la terapia sta funzionando ecco che compare qualcosa pronto a scoraggiarti. Hai voglia a ripeterti:"non farci caso, non e' niente, passere'" e intanto tu continui ad avere disturbi proprio li' sotto.
Sapete dirmi se il tutto puo' rientrare nella normalita' e se in quanche giorno questa irritazione (a me sembra eritema)passera', io sto applicando un velo di saginil gel.
Grazie mille a tutte.
Simba
P.S. PER AIDA
Mi chiedevi che tipo di tens ho fatt, sinceramente al momento non ti saprei rispondere con info precise, comunque a fine luglio dovro' ripetere una o due sedute e chiedero' bene alla gine pio ti informero', se ritieni dimmi pure esplicitamente cosa devo chiedere alla dottoressa.
Ciao e grazie
chiedo un chiarimento in merito ad un nuovo sintomo comparso in questi giorni: bruciore ed un po' di prurito nella piega tra le grandi e le piccole labbra con rossore e pelle molto lucida. La cosa "strana" e' che in piu' di un anno questo non mi era mai successo e tra l'altro erano un po' di giorni che i sintoni della mia svv si erano alleviati!! E' mai possible che non si puo' stare tranquille!!!
Quando pensi di essere sulla strada giusta, che la terapia sta funzionando ecco che compare qualcosa pronto a scoraggiarti. Hai voglia a ripeterti:"non farci caso, non e' niente, passere'" e intanto tu continui ad avere disturbi proprio li' sotto.
Sapete dirmi se il tutto puo' rientrare nella normalita' e se in quanche giorno questa irritazione (a me sembra eritema)passera', io sto applicando un velo di saginil gel.
Grazie mille a tutte.
Simba
P.S. PER AIDA
Mi chiedevi che tipo di tens ho fatt, sinceramente al momento non ti saprei rispondere con info precise, comunque a fine luglio dovro' ripetere una o due sedute e chiedero' bene alla gine pio ti informero', se ritieni dimmi pure esplicitamente cosa devo chiedere alla dottoressa.
Ciao e grazie
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OT TENS: chiedile per favore i parametri (sono espressi in Hz) chiuso OT
Anche questo sintomo potrebbe essere neuropatia, ma potrebbe essere anche altro. Da quanto tempo applichi quel prodotto (che io sconsiglio)?
Anche questo sintomo potrebbe essere neuropatia, ma potrebbe essere anche altro. Da quanto tempo applichi quel prodotto (che io sconsiglio)?
- simba
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RISPOSTA PER AIDA
Gio 21 Giu 2012, 23:13
ok chiedero' per tens. Cosa significa chiuso OT?
Per il saginil lo uso da circa un mesetto, pero' in questi giorni non l'ho usato in quanto avevo il mestruo, benche' scarso.
Grazie
Buona notte
Simba
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Significa che ti ho risposto in parentesi veloce su un argomento qui Off Topic, quindi =aperta e chiusa la parentesi fuori tema. Le domande sulla TENS vanno nel topic TENS
- AngelaR
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Disturbi vulvari
Gio 05 Lug 2012, 12:35
Ho trovato questo link che mi sembra ben fatto, lo metto qui così puoi valutarne l'utilità.
Spero di aver fatto bene!
http://www.disturbivulvari.info/flashmo_221_estate_flashmo%20221%20estate.swf
Spero di aver fatto bene!
http://www.disturbivulvari.info/flashmo_221_estate_flashmo%20221%20estate.swf
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Anno di nascita : 1977
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Anche quest'anno non dimenticarti delle oltre 4 milioni di italiane che soffrono di vulvodinia!
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Angela, grazie, è citato in home page il sito di Vittoria
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