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Topinambur: inulina, vitamina H ❖ Vulvodinia.info
Lun 01 Nov 2010, 19:57
Il topinambur (Helianthus tuberosus), detto anche tartufo di canna, carciofo di Gerusalemme o patata del Canada, è una pianta appartenente alla grande famiglia delle compositae ed è spesso confusa col Girasole. I suoi fiori sono infatti di un giallo caldo acceso, ma più piccoli.
I topinambur che noi coltiviamo e che si consumano sono quindi i tuberi radicali, nodosi, con buccia rossastra, polpa bianca e di sapore simile al carciofo.
Esitono due diverse varietà di topinambur: quella bordeaux maggiormente diffusa, presente sul mercato da ottobre ad aprile circa e quella bianca precoce, presente sul mercato prima dell'altra, quindi da fine agosto.
I topinambur che noi coltiviamo e che si consumano sono quindi i tuberi radicali, nodosi, con buccia rossastra, polpa bianca e di sapore simile al carciofo.
Esitono due diverse varietà di topinambur: quella bordeaux maggiormente diffusa, presente sul mercato da ottobre ad aprile circa e quella bianca precoce, presente sul mercato prima dell'altra, quindi da fine agosto.
Morfologia del topinambur
La pianta del topinambur è una pianta perenne, il cui organo di sopravvivenza è un tubero. I suoi lunghi, robusti ed eretti steli possono raggiungere un'estensione che va dagli 80 ai 150 cm. La fioritura è molto caratteristica e avviene a fine estate, con la comparsa di molti fiori giallo oro. I capolini di colore giallo acceso hanno un diametro che raggiunge i 9 cm. Terminata la fioritura la pianta si secca, ma in primavera dai tuberi nasceranno i nuovi getti.
Le foglie hanno forme diverse mano a mano che ci si sposta dalla radice alla punta: gli inferiori infatti sono cuoriformi, le superiori ovate, acuminate e seghettate.
I fiori si trovano sulla cima e come già detto sono gialli. Il topinambur è una pianta erbacea, perenne, che resiste molto bene al freddo. Alcune varietà sono selvatiche ed infestanti, si possono vedere ai bordi delle strade e vicino a rigoli d’acqua. Originaria dell’America settentrionale, è diffusamente coltivata anche in Europa a scopo ornamentale e alimentare.
La pianta del topinambur è una pianta perenne, il cui organo di sopravvivenza è un tubero. I suoi lunghi, robusti ed eretti steli possono raggiungere un'estensione che va dagli 80 ai 150 cm. La fioritura è molto caratteristica e avviene a fine estate, con la comparsa di molti fiori giallo oro. I capolini di colore giallo acceso hanno un diametro che raggiunge i 9 cm. Terminata la fioritura la pianta si secca, ma in primavera dai tuberi nasceranno i nuovi getti.
Le foglie hanno forme diverse mano a mano che ci si sposta dalla radice alla punta: gli inferiori infatti sono cuoriformi, le superiori ovate, acuminate e seghettate.
I fiori si trovano sulla cima e come già detto sono gialli. Il topinambur è una pianta erbacea, perenne, che resiste molto bene al freddo. Alcune varietà sono selvatiche ed infestanti, si possono vedere ai bordi delle strade e vicino a rigoli d’acqua. Originaria dell’America settentrionale, è diffusamente coltivata anche in Europa a scopo ornamentale e alimentare.
Composizione nutrizionale del topinambur
Il topinambur è costituito principalmente da:
Acqua (80%);
Glucidi (15% - 20%);
Protidi (2%);
Vitamina A, indispensabile per il meccanismo della visione e per la differenziazione cellulare; di conseguenza è necessaria per la crescita, la riproduzione e l'integrità dei sistema immunitario;
Vitamine del gruppo B. Queste vitamine sono indicate negli stati di debilitazione generale, secondaria a varie malattie, stress psico-fisici intensi, anoressia, anemia, alcolismo, obesità, patologie neurologiche varie, periodi post-operatori;
Vitamina H (biotina);
Ferro;
Potassio;
Magnesio;
Fosforo;
Ferro;
Asparagina, un aminoacido necessario nel metabolismo dell'alcol;
Arginino, un aminoacido molto diffuso in natura che partecipa ad importanti funzioni nel metabolismo cellulare. È un immunostimolatore, aiuta le ferite a rimarginarsi, rigenera il tessuto del fegato;
Colina, che protegge le cellule contro i danni da ossidazione e svolge un'azione protettiva contro le patologie cardiovascolari.
Il topinambur nella dieta e nella terapia del diabete
Hanno fatto sensazione numerose comunicazioni di guarigione dal diabete, dovute semplicemente all’uso quotidiano del Topinambur come alimento, perché è noto che il diabete è una malattia pressocchè inguaribile. Altrettanto è avvenuto e avviene a proposito di molte nefriti, gradatamente migliorate grazie al topinambur. A che cosa si deve questo?
1) Al fatto che il topinambur contiene in quantità particolarmente elevata la BIOTINA (vitamina H), la cui mancanza nell’alimentazione produce: stanchezza, inappetenza, sonnolenza, dolori muscolari. Secondo il prof. Boas, il topinambur contiene da 15 a 20 volte più Biotina della patata. E’ una vitamina che resiste a tutte le cotture, la cui azione è quella di stimolare il ricambio materiale in genere.
2) Al fatto che la sostanza principale del topinambur è uno zucchero speciale, il fruttosio (cioè levulosio), uno zucchero diverso da quello normale, che ha la proprietà di essere assorbito dall’organismo senza pesare sull’attività del pancreas, attività compromessa nei diabetici e negli “esauriti”.
Per il diabetico, ciò significa semplicemente che questo fruttosio migliora il rifornimento del fegato in fatto di glicogeno (sostanza di riserva), preservando così dal pericolo di coma e di acidosi.
3) Questo fruttosio si trova nel topinambur sotto forma di un prodotto di condensazione (cioè una sua propria forma di amido) che viene chiamato INULINA (da non confondere con la “insulina”, che è l’ormone col quale si cura il diabete.La somiglianza delle due parole può indurre confusione). Questa Inulina è dunque lo speciale amido dei topinambur, che si forma in essi per condensazione del più digeribile degli zuccheri, cioè del fruttosio, così come l’amido comune è il prodotto di condensazione (“polimerizzazione”) di uno zucchero meno digeribile: il glucosio. E’ infatti il glucosio non assimilato che ingombra il sangue e i tessuti del diabetico con la sua presenza in quantità anormale. Il glucosio deve quindi essere eliminato dalla dieta del diabetico, ma siccome non si può vivere senza una qualche forma di sostanza zuccherina, ecco che viene in aiuto il topinambur, il quale dimostra che nell’organismo umano vi è un ciclo di ricambio e di assorbimento indipendente dalla presenza di insulina, cosicché il fruttosio viene utilizzato anche dall’organismo del diabetico, nonostante la insufficiente presenza di insulina. E’ stato calcolato che una dose di 50g. giornalieri di fruttosio puro, pari a 250g. di topinambur, se presa in quantità ripartite durante la giornata, viene utilizzata perfettamente, indipendentemente dalla presenza di insulina. Così l’organismo può ricostituire le riserve del fegato in fatto di glicogeno e tenersi nella normalità.
Naturalmente l’amido del topinambur non è tutto Inulina; vi si trova anche l’amido che parte dal glucosio, tuttavia è un enorme vantaggio (unico del topinambur) di avere i due tipi di amido nella proporzione di 3 : 2, cioè tre parti di Inulina contro due di amido. E questo vantaggio non concerne soltanto i diabetici; il miglioramento dell’intero ricambio materiale viene a giovare anche ai sofferenti di fegato, della bile e di stomaco. La conclusione è che la sostanza zuccherina di riserva del fegato (il glicogeno) si forma anche con la condensazione del fruttosio oltre che con quella del glucosio e si ha così modo di ricorrere ad una alternativa nella dieta per tutti coloro che utilizzano male il glucosio. Ci fermiamo qui, per non andare troppo oltre in dettagli medici, sottolineando che, con tante virtù, il topinambur non va preso soltanto come una medicina, ma è un prodotto dietetico salutare per tutti, che sarebbe consigliabile introdurre nelle nostre mense.
Naturalmente, il suo consumo è indicato soprattutto per i sofferenti di malattie del ricambio. In ogni caso, è bene tenere presente quanto segue:
Il topinambur contiene anche un particolare fermento, detto inulase, particolarmente utile nel processo digestivo e che normalmente non esiste nell’apparato digerente dell’uomo; perciò si deve badare a non distruggerlo con errate manovre culinarie. Infatti questo fermento viene distrutto se la temperatura supera i 55 gradi, oppure anche in presenza di acidi.
Il topinambur contiene in quantità particolarmente elevata la BIOTINA (vitamina H), la cui mancanza nell’alimentazione produce: stanchezza, inappetenza, sonnolenza, dolori muscolari. Secondo il prof. Boas, il topinambur contiene da 15 a 20 volte più Biotina della patata. È una vitamina che resiste a tutte le cotture, la cui azione è quella di stimolare il ricambio materiale in genere.
La sostanza principale del topinambur è uno zucchero speciale: il fruttosio (o levulosio). È uno zucchero diverso da quello normale che ha la proprietà di essere assorbito dall’organismo senza pesare sull’attività del pancreas, attività compromessa nei diabetici. Per il diabetico significa semplicemente che questo fruttosio migliora il rifornimento del fegato in fatto di glicogeno (sostanza di riserva), preservando così dal pericolo di coma e di acidosi. Questo fruttosio si trova nel topinambur sotto forma di un prodotto di condensazione che viene chiamato INULINA (da non confondere con la “insulina”, che è l’ormone col quale si cura il diabete. Questa Inulina è il prodotto che si forma nei topinambur per condensazione del fruttosio, così come l’amido comune è il prodotto di condensazione di uno zucchero meno digeribile: il glucosio. È infatti il glucosio non assimilato che ingombra il sangue e i tessuti del diabetico con la sua presenza in quantità anormale. Il glucosio deve quindi essere eliminato dalla dieta del diabetico, ma siccome non si può vivere senza una qualche forma di sostanza zuccherina, ecco che viene in aiuto il topinambur, il quale dimostra che nell’organismo umano vi è un ciclo di ricambio e di assorbimento indipendente dalla presenza di insulina, cosicché il fruttosio viene utilizzato anche dall’organismo del diabetico, nonostante la insufficiente presenza di insulina. È stato calcolato che una dose di 50g. giornalieri di fruttosio puro, pari a 250 g di topinambur, se presa in quantità ripartite durante la giornata, viene utilizzata perfettamente, indipendentemente dalla presenza di insulina. Così l’organismo può ricostituire le riserve del fegato in fatto di glicogeno e tenersi nella normalità. Naturalmente l’amido del topinambur non è tutto Inulina; vi si trova anche l’amido che parte dal glucosio, tuttavia ha un enorme vantaggio (unico di questo prodotto): avere i due tipi di amido nella proporzione di 3:2, cioè tre parti di Inulina contro due di amido. Questo vantaggio non concerne soltanto i diabetici; il miglioramento dell’intero ricambio materiale viene a giovare anche ai sofferenti di fegato, della bile e di stomaco. La conclusione è che la sostanza zuccherina di riserva del fegato (il glicogeno) si forma anche con la condensazione del fruttosio oltre che con quella del glucosio e si ha così modo di ricorrere ad una alternativa nella dieta per tutti coloro che utilizzano male il glucosio. Per non andare troppo oltre in dettagli medici, sottolineamo che il topinambur non va preso soltanto come una medicina, ma è un prodotto dietetico salutare per tutti, che sarebbe consigliabile introdurre nelle nostre mense. In ogni caso, è bene tenere presente che il topinambur contiene anche un particolare fermento, detto inulase, particolarmente utile nel processo digestivo e che normalmente non esiste nell’apparato digerente dell’uomo; perciò si deve badare a non distruggerlo con errate manovre culinarie. Questo fermento viene distrutto se la temperatura supera i 55 gradi, oppure anche in presenza di acidi.
Qualche consiglio pratico in cucina:
a) Lavare bene i tuberi, magari spazzolandoli.
b) La pelle è molto sottile e digeribile, essa non va tolta. Se proprio lo si vuol fare, conviene sbucciare i tuberi dopo averli leggermente lessati.
c) Per evitare che i tuberi anneriscano quando si tagliano, basta immergerli in acqua con limone o aceto.
d) I topinambur non vanno mai bolliti come se fossero patate, meglio farli evaporare in poca acqua o in olio e lasciarli cuocere a fuoco lento nel proprio succo, se si vuole anche fino ad arrostirsi.
e) Si risparmia lavoro in cucina perché non richiede di essere pelato e cuoce presto. Infatti non conviene lasciarlo intenerire troppo.
f) Per usarlo crudo basta grattuggiarlo come le carote. La polpa grattugiata può essere aggiunta ad altre vivande già pronte: minestre, verdure, insalate, bistecche. Così si aggiunge alla vivanda qualcosa di crudo.
g) Il topinambur contiene, come la patata, scarse proteine e grassi. Perciò può essere usato come contorno di piatti proteici (carne, pesce, formaggi, latte e uova).
h) Aggiunto alla ricotta, dà un sapore gustoso, quasi di noce.
i) Va trattato come i cavolfiori, gli asparagi e simili.
j) Ha un gusto dolce ma non aggressivo, per cui si accompagna bene a cibi di gusto energico, come la cipolla, il porro, il prezzemolo, il sedano, l’aglio, il peperone ecc.
k) Una curiosità del topinambur è che esso quando viene mescolato ad altre vivande ne acquista il gusto, cosa economicamente interessante per certi cibi molto costosi.
l) La polpa di topinambur, leggermente arrostita, è ottima aggiunta alle minestre, alle salse e ai sughi.
m) Il topinambur, se pressato a freddo, fornisce un succo di alto valore curativo e dietetico per le cure disintossicanti e un efficace aiuto nella cura del diabete: ad alcuni pazienti nella clinica per le malattie del ricambio di Baden Baden furono somministrati sei cucchiai al giorno di questo succo, con il risultato che in molti di essi si ebbe una riduzione dello zucchero nelle urine e nel sangue. Quindi non solo fornisce al diabetico un ottimo zucchero alternativo, ma combatte anche la sua intolleranza per il glucosio stesso.
IL VALORE DEL TOPINAMBUR IN AGRICOLTURA:
1) Sopra la terra: intenso sviluppo vegetativo. Fioritura a luglio per le varietà precoci, a ottobre per quelle normali.
2) Coltivazione: le stesse esigenze di concimazione della patata.
3) Conservazione: su cumuli leggermente coperti di terra.
4) Come foraggio: buono per bovini grossi e piccoli, fresco o insilato; i tuberi, direttamente. Anche per i maiali e il pollame. Valore foraggero: del 40% superiore al loietto (per le foglie giovani).
5) Serve per siepi e per combattere le erbacce.
6) Raccolti: al raccolto sotterraneo, che uguaglia in peso quello delle patate, si aggiunge quello del resto della pianta. Il raccolto complessivo eguaglia quello delle bietole. La media nella zona di Stoccarda, in dieci anni, è stata:
tuberi: 220 quintali per ettaro- parte fogliare: da 800 a 1000q/ha (in due tagli). Ma si può, secondo il clima, arrivare a raccolti molto superiori
FONTE: AGRIBIONOTIZIE marzo 2009
IL TOPINAMBUR IN CUCINA
1) Crudo: esso presenta un sapore che viene definito fra quello del cuore della lattuga e quello delle nocciole non mature. E' croccante e niente affatto duro (come la carota ben matura).
2) Cotto: ha un gusto di carciofo, tanto che gli Inglesi lo chiamarono “carciofo di Gerusalemme” e i Tedeschi “Erdschocke” (carciofo di terra).
Se bollito dolcemente e brevemente, ha un sapore dolciastro e gustoso, altrimenti resta sfatto e scipito.
3) Saltato, cioè scaldato forte, ma brevemente, in modo che il rapido riscaldamento esterno si propaghi ridotto all’interno del tubero.
4) Fermentato: dopo averlo tagliato fino o grattugiato, si lascia fermentare, per permettere alla Inulase di agire, addolcendo la massa.
5) Si può aggiungere al topinambur grattugiato una modesta quantità di limone o aceto: essi attivano la Inulina.
- Aida Blanchett
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Re: Topinambur: inulina, vitamina H ❖ Vulvodinia.info
Lun 01 Nov 2010, 20:08
per il fruttosio, attenzione, apro un argomento a sé dedicato agli zuccheri!
- Aida Blanchett
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Vitamina H (o I o biotina o B7 o B8) ❖ Vulvodinia.info
Lun 01 Nov 2010, 22:14
La biotina (unica denominazione internazionale ammissibile secondo la IUPAC; in passato anche nota come vitamina H (o talvolta vitamina I) nella nomenclatura tedesca, come vitamina B7 in quella anglosassone e come vitamina B8 in quella francese) venne scoperta a seguito di alcuni studi riguardanti le alterazioni cutanee e della crescita verificatesi in animali nutriti esclusivamente con albume d'uovo crudo o proteine da esso estratte. Il fattore responsabile della comparsa della "malattia da bianco d'uovo" venne individuato nel 1931 e si è visto che esso è indispensabile per la corretta crescita dei mammiferi.
Oggi è noto il fenomeno soggiacente allo sviluppo di tale patologia: il legame tra la biotina e l'avidina (una glicoproteina dell'albume d'uovo). L'avidina è, infatti, resistente all'azione proteolitica dell'apparato gastrointestinale per cui il legame con la biotina rende quest'ultima non assorbibile.
Strutturalmente la biotina presenta due anelli tra loro condensati: uno tiofenico ed uno imidazolico. Legata all'anello tiofenico, vi è una catena laterale di acido valerianico.
La biotina è solubile in acqua ed in questo stato è resistente al calore, alle basi ed agli acidi; si decompone per azione della luce ultravioletta e di forti ossidanti.
La biotina viene assunta dagli alimenti in forma libera o legata alle proteine. Attualmente, non sono ben noti i meccanismi di assorbimento. Si ritiene che la scissione della biotina dalle proteine cui è legata avvenga per opera di una biotinasi secreta nel succo pancreatico. La vitamina libera viene assorbita a livello dell'ileo e del digiuno da due meccanismo di trasporto:
uno attivo, contro gradiente di concentrazione, in cui una molecola di biotina viene scambiata con uno ione Na+,
uno passivo (per diffusione semplice) operante solo in caso di alte concentrazioni di biotina.
Sembra che la biotina, una volta entrata nel plasma, venga trasportata da diverse proteine: albumina ed α e β-globuline. Non è chiaro se esista anche una proteina di trasporto specifica.
La biotina svolge il ruolo di cofattore di diverse carbossilasi ATP-dipendenti. Essa è legata al sito attivo dell'enzima tramite un legame peptidico che si forma tra il gruppo carbossilico dell'acido valerianico ed un gruppo aminico di un residuo di lisina. La reazione di carbossilazione, in cui interviene la biotina, prevede il trasferimento di una molecola di CO2 da un donatore ad un accettore, passando per un intermedio in cui la vitamina fissa la CO2 su uno degli atomi di azoto dell'anello imidazolico (formando così la carbossibiotina).
La formazione della carbossibiotina avviene tramite l'ausilio di bicarbonato, ioni magnesio ed ATP. Il bicarbonato, infatti, lega su di sé la CO2 tramite una reazione richiedente energia, fornita dall'idrolisi di una molecola ATP. La molecola di carbonilfosfato creatasi, cede, poi, CO2 alla biotina, idrolizzando il gruppo fosfato.
La biotina viene utilizzata, nell'uomo, da quattro carbossilasi:
la piruvato carbossilasi, per la trasformazione di piruvato in ossalacetato (per la risintesi dei glucidi),
la propionil CoA carbossilasi per la trasformazione di propionil CoA in metilmalonil CoA,
la metilcrotonil carbossilasi,
la acetil CoA carbossilasi per trasformare acetil CoA in malonil CoA (importante nella sintesi degli acidi grassi).
Fonti alimentari
La biotina è presente sia nel regno animale che in quello vegetale. Si trova anche nel latte (umano e di mucca), nei latticini, nel tuorlo dell'uovo e nei frutti di mare. Nei vegetali soprattutto, la biotina è presente legata in maniera energica alle proteine per cui la sua biodisponibilità è più bassa.
La biotina è prodotta in elevate quantità anche dai batteri intestinali.
Carenza
Gli stati carenziali di biotina sono decisamente rari. Si possono verificare in individui che assumono grandi quantità di uova crude od alla coque (le uova cotte, invece, non hanno tale effetto in quanto la cottura denatura l'avidina). Sono stati anche descritti casi di carenza in individui nutriti solo per via parenterale.
Sembra che anche la somministrazione di alte dosi di sulfamidici possa provocare carenza di biotina per l'alterazione massiccia della flora batterica che si può verificare.
La carenza di biotina nell'adulto può dare origine a manifestazioni cutanee (desquamazioni).
Livelli di assunzione e tossicità
Visto che la biotina è presente in molti alimenti e che i batteri intestinali ne possono produrre alte quantità, non è al momento ben chiaro quali possono essere i livelli di assunzione raccomandabili. Le diverse fonti, in effetti, al momento non sono concordi. Ci si aggira, comunque, su livelli di 30-100 μg giornalieri.
Non si conoscono fenomeni di tossicità da biotina fino a livelli di 10 mg/die.
Bibliografia
Aldo Mariani Costantini, Carlo Cannella, Giovanni Tomassi, Fondamenti di Nutrizione Umana, Il Pensiero Scientifico Editore.
[Wikipedia]Oggi è noto il fenomeno soggiacente allo sviluppo di tale patologia: il legame tra la biotina e l'avidina (una glicoproteina dell'albume d'uovo). L'avidina è, infatti, resistente all'azione proteolitica dell'apparato gastrointestinale per cui il legame con la biotina rende quest'ultima non assorbibile.
Strutturalmente la biotina presenta due anelli tra loro condensati: uno tiofenico ed uno imidazolico. Legata all'anello tiofenico, vi è una catena laterale di acido valerianico.
La biotina è solubile in acqua ed in questo stato è resistente al calore, alle basi ed agli acidi; si decompone per azione della luce ultravioletta e di forti ossidanti.
La biotina viene assunta dagli alimenti in forma libera o legata alle proteine. Attualmente, non sono ben noti i meccanismi di assorbimento. Si ritiene che la scissione della biotina dalle proteine cui è legata avvenga per opera di una biotinasi secreta nel succo pancreatico. La vitamina libera viene assorbita a livello dell'ileo e del digiuno da due meccanismo di trasporto:
uno attivo, contro gradiente di concentrazione, in cui una molecola di biotina viene scambiata con uno ione Na+,
uno passivo (per diffusione semplice) operante solo in caso di alte concentrazioni di biotina.
Sembra che la biotina, una volta entrata nel plasma, venga trasportata da diverse proteine: albumina ed α e β-globuline. Non è chiaro se esista anche una proteina di trasporto specifica.
La biotina svolge il ruolo di cofattore di diverse carbossilasi ATP-dipendenti. Essa è legata al sito attivo dell'enzima tramite un legame peptidico che si forma tra il gruppo carbossilico dell'acido valerianico ed un gruppo aminico di un residuo di lisina. La reazione di carbossilazione, in cui interviene la biotina, prevede il trasferimento di una molecola di CO2 da un donatore ad un accettore, passando per un intermedio in cui la vitamina fissa la CO2 su uno degli atomi di azoto dell'anello imidazolico (formando così la carbossibiotina).
La formazione della carbossibiotina avviene tramite l'ausilio di bicarbonato, ioni magnesio ed ATP. Il bicarbonato, infatti, lega su di sé la CO2 tramite una reazione richiedente energia, fornita dall'idrolisi di una molecola ATP. La molecola di carbonilfosfato creatasi, cede, poi, CO2 alla biotina, idrolizzando il gruppo fosfato.
La biotina viene utilizzata, nell'uomo, da quattro carbossilasi:
la piruvato carbossilasi, per la trasformazione di piruvato in ossalacetato (per la risintesi dei glucidi),
la propionil CoA carbossilasi per la trasformazione di propionil CoA in metilmalonil CoA,
la metilcrotonil carbossilasi,
la acetil CoA carbossilasi per trasformare acetil CoA in malonil CoA (importante nella sintesi degli acidi grassi).
Fonti alimentari
La biotina è presente sia nel regno animale che in quello vegetale. Si trova anche nel latte (umano e di mucca), nei latticini, nel tuorlo dell'uovo e nei frutti di mare. Nei vegetali soprattutto, la biotina è presente legata in maniera energica alle proteine per cui la sua biodisponibilità è più bassa.
La biotina è prodotta in elevate quantità anche dai batteri intestinali.
Carenza
Gli stati carenziali di biotina sono decisamente rari. Si possono verificare in individui che assumono grandi quantità di uova crude od alla coque (le uova cotte, invece, non hanno tale effetto in quanto la cottura denatura l'avidina). Sono stati anche descritti casi di carenza in individui nutriti solo per via parenterale.
Sembra che anche la somministrazione di alte dosi di sulfamidici possa provocare carenza di biotina per l'alterazione massiccia della flora batterica che si può verificare.
La carenza di biotina nell'adulto può dare origine a manifestazioni cutanee (desquamazioni).
Livelli di assunzione e tossicità
Visto che la biotina è presente in molti alimenti e che i batteri intestinali ne possono produrre alte quantità, non è al momento ben chiaro quali possono essere i livelli di assunzione raccomandabili. Le diverse fonti, in effetti, al momento non sono concordi. Ci si aggira, comunque, su livelli di 30-100 μg giornalieri.
Non si conoscono fenomeni di tossicità da biotina fino a livelli di 10 mg/die.
Bibliografia
Aldo Mariani Costantini, Carlo Cannella, Giovanni Tomassi, Fondamenti di Nutrizione Umana, Il Pensiero Scientifico Editore.
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