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Mar 02 Nov 2010, 20:48
Conoscenza dell’anatomia del sistema algico [=doloroso]

L’insieme morfofunzionale che, per comodità descrittiva, definiamo “sistema algico” è costituito di due sezioni: l'apparato nocicettivo e l'apparato antinocicettivo. L'interazione fra i due apparati attua la modulazione della percezione dolorosa, facendo in modo che determinati stimoli evochino il dolore e graduandone l'intensità.

Apparato nocicettivo

L'apparato nocicettivo è costituito da:

1. i nocicettori periferici;

2. il primo neurone;

3. la DREZ (giunzione fra primo e secondo neurone);

4. il secondo neurone (che forma le vie lemniscali ed extralemniscali);

5. il terzo neurone;

6. il quarto neurone.

Nocicettori periferici

Gli stimoli esogeni (meccanici, termici e chimici) applicati sui tessuti ed i metaboliti algogeni endogeni prodotti dal danno tessutale eccitano l'estremità distale del primo neurone che funziona da “recettore”, vale a dire come un “trasduttore” in grado di convertire lo stimolo in un'attività elettrica che si propaga nella fibra nervosa.

Va precisato che non esiste uno “stimolo doloroso di per sé”, vale a dire uno “stimolo specifico” responsabile del dolore. Tutti gli stimoli possono essere dolorosi se sufficientemente intensi e quindi potenzialmente in grado di danneggiare i tessuti. Inoltre, la stimolazione di alta intensità dei recettori per il tatto, il caldo, la pressione, eccetera, non evoca il dolore ma semplicemente sensazioni tattili, termiche, pressorie mentre la stimolazione di qualsiasi tipo, purchè di alta intensità, delle “terminazioni nervose libere” evoca il dolore. Le terminazioni nervose libere possono raccogliere anche stimoli diversi da quelli nocicettivi per cui non devono essere considerati recettori “specifici” per il dolore ma recettori “specializzati” a raccogliere le informazioni nocicettive o “nocicettori” per usare il termine introdotto da Sherrington nel 1906. I nocicettori possono essere classificati come descritto di seguito.

Nocicettori unimodali meccanici Ad

I nocicettori unimodali meccanici Ad (meccanonocicettori) rispondono soprattutto a stimoli meccanici intensi, specie se provocati da oggetti appuntiti o taglienti, capaci di ledere i tessuti; non rispondono alla stimolazione meccanica non nociva ed agli stimoli chimici e rispondo agli stimoli termici solo se di intensità molto elevata. Tali recettori sono distribuiti su un campo recettoriale di circa 0,5 cm2 rappresentato da un insieme di punti sensibili, sono collegati alle fibre mieliniche Ad e vanno distinti dai meccanorecettori a bassa soglia di eccitazione (corpuscoli di Meissner e Ruffini) collegati alle fibre Ab. Questi ultimi rispondono sia alle stimolazioni meccaniche di bassa intensità (tattili e pressorie) che a quelle di alta intensità (nocicettiva), mentre i meccanonocicettori rispondono solo agli stimoli nocicettivi.

Nocicettori meccano-termici Ad

I nocicettori meccano-termici Ad hanno una soglia di stimolazione termica attorno ai 45°C, per cui rispondono sia agli stimoli meccanici intensi che alle alte temperature. Collegati alle fibre Ad, si ritiene che essi siano i nocicettori che segnalano la first pain sensation.

Nocicettori termici e chimici Ad

Il 50% dei nocicettori Ad non rispondono agli stimoli meccanici ma solo a stimoli chimici o termici [Meyer et al.1996].

Nocicettori polimodali C meccanici-termici-chimici

I nocicettori polimodali sono collegati alle fibre C amieliniche e rispondono a stimoli meccanici, termici e chimici di alta intensità. La soglia di eccitazione termica è compresa fra 38-50°C. La risposta dei nocicettori polimodali può diminuire o aumentare a seconda della modalità di stimolazione. In particolare, la risposta si riduce quando lo stesso stimolo è applicato ripetitivamente a intervalli minori di 10 minuti che è il tempo che occorre per il completo recupero [Tillman 1992], altrimenti essa aumenta progressivamente durante l'applicazione dello stimolo, instaurandosi una “sensibilizzazione” che contribuisce a produrre l'iperalgesia tipica del danno tessutale.

Nocicettori termici e chimici C

Il 30% dei nocicettori C non rispondono agli stimoli meccanici ma solo a stimoli chimici o termici [Meyer et al.1996]. Comunemente, come si dirà fra poco parlando del fenomeno del doppio dolore, si ritiene che i nocicettori Ad siano in grado di localizzare esattamente lo stimolo nocicettivo e che i nocicettori C non siano in grado di fare altrettameto. I nocicettori C, infatti, sono classicamente considerati responsabili del dolore mal localizzato. Questo convincimento è contraddetto da un recente studio che ha dimostrato un errore di localizzazione per gli stimoli termici e chimici intorno ai 10 millimetri, in presenza di un blocco delle fibre A ottenuto con la compressione nervosa [Koltzenburg et al.1993]. Quindi, contrariamente a quanto comunemente ritenuto, anche le fibre C consentirebbero un’accurata localizzazione dello stimolo nocicettivo.

Primo neurone

Il primo neurone collega i nocicettori dei tessuti periferici ai neuroni centrali del midollo e del tronco encefalico. Esso consiste di fibre Ab (tattili e propriocettive) e di fibre nocicettive Ad (poco mielinizzate, a rapida conduzione saltatoria tra un nodo di Ranvier e il successivo e con una velocità media di conduzione dello stimolo di 15 m/secondo) e di fibre C (amieliniche, a lenta conduzione continua e con una velocità media di conduzione dello stimolo di 1 m/secondo) [Bonica 1990a]. Poiché le fibre Ad conducono lo stimolo 15 volte più velocemente delle C, si verifica il cosiddetto “fenomeno del doppio dolore” [Bowsher 1997]. Questo consiste nel fatto che uno stimolo nocicettivo applicato alla periferia degli arti è avvertito come due distinte percezioni separate da un breve intervallo: la prima (“primo dolore”) consiste di una sensazione puntoria ben localizzata che è avvertita solo a livello della cute e delle mucose e non supera la durata dello stimolo, la seconda (“secondo dolore”) consiste di una sensazione diffusa e mal localizzata che è avvertita sia sulla cute che nei tessuti più profondi e supera la durata dello stimolo.

L'insieme dei primi neuroni forma i nervi periferici che si distinguono in somatici e viscerali. Questi neuroni hanno il pirenoforo nel ganglio della radice dorsale e nelle corrispondenti strutture dei nervi cranici e penetrano nel midollo spinale con la radice dorsale o nel tronco encefalico con le corrispondenti strutture dei nervi cranici. Quindi, mentre in periferia i nervi somatici e viscerali sono anatomicamente separati, in prossimità del loro ingresso nel nevrasse essi confluiscono nella stessa struttura che è il nervo radicolare: più prossimamente, una parziale separazione anatomica tra le afferente somatiche e quelle viscerali si ripristina nel SNC, come vedremo discutendo della DREZ spinale.

Sul piano anatomico occorre distinguere il primo neurone che veicola le afferenze nocicettive del collo, del tronco e degli arti (facendo parte dei nervi spinali) da quello che veicola le afferenze nocicettive craniofacciali (facendo parte dei nervi cranici).

DREZ

La zona di ingresso del primo neurone afferente nel sistema nervoso centrale, nota come DREZ (dorsal root entry zone), è la regione dove avviene la trasmissione sinaptica tra il primo e il secondo neurone e, attraverso complessi meccanismi inibitori incentrati sulle inibizioni pre- e postsinaptica, la modulazione delle afferenze nocicettive. La DREZ spinale è rappresentata dal corno dorsale del midollo spinale, quella troncale principalmente dal subnucleo caudale.

Secondo neurone

Il secondo neurone ha il corpo cellulare nella zona marginale, nel nucleo proprio o nel nucleo intermedio della sostanza grigia midollare. Esso dà origine alle fibre dei sistemi ascendenti che conducono le informazioni nocicettive al talamo e sono costituiti da tre gruppi anatomicamente distinti: 1) la via nocicettiva afferente primaria o lemnisco spinale; 2) il sistema ascendente multisinaptico o extralemniscale; 3) il gruppo delle vie nocicettive afferenti “accessorie”.

La via nocicettiva afferente primaria (lemnisco spinale)

La via nocicettiva afferente primaria (target delle trattotomie) è costituita dai fasci spinotalamico laterale, spinomesencefalico e spinoreticolare. Questi fasci sono ben riconoscibili a livello troncale dove procedono separati ma non sono identificabili come entità anatomiche distinte nel midollo spinale dove, essendo le fibre che li costituiscono frammiste le une alle altre, conviene definirne l'insieme come “lemnisco spinale o sistema anterolaterale”.

Fascio spinotalamico laterale

Il Fascio spinotalamico laterale è costituito dai fasci neo- e paleo-spinotalamico che originano dal corno dorsale del midollo e, metamero per metamero, si decussano nella commessura bianca anteriore per portarsi nel quadrante anterolaterale controlaterale.

Il fascio neospinotalamico è posto lateralmente nel quadrante anterolaterale, ha i suoi neuroni di origine nella zona marginale (lamina I) e nel nucleo proprio (lamina V), termina nel nucleo VPL del talamo e costituisce la via oligosinaptica della componente epicritica del dolore. Esso ha origine filogenetica recente ed una precisa organizzazione somatotopica.

Il fascio paleospinotalamico è posto medialmente nel quadrante anterolaterale, costituisce il contingente di fibre più numeroso del fascio spinotalamico laterale, ha i suoi neuroni di origine nei nuclei proprio e intermedio, è la via filogeneticamente più antica e conduce la componente protopatica del dolore. Le sue fibre terminano in parte su vari nuclei reticolari (che, a loro volta, proiettano sui nuclei intralaminari del talamo mediale) e in parte direttamente sul talamo.

Fascio spinomesencefalico

Il fascio spinomesencefalico è una via multisinaptica con cellule di origine localizzate nelle lamine I e V. Due terzi delle fibre che lo costituiscono si decussano sulla linea mediana per salire nel quadranti anterolaterale e dorsolaterale del midollo fino al mesencefalo dove terminano sulla PAG, sui tubercoli quadrigemini superiori, sui nuclei di Darkschewitz, Edinger-Westphal, intracolliculare e del colliculo superiore che, a loro volta, proiettano sul talamo mediale. Dal punto di vista funzionale, il fascio spinomesencefalico conduce stimoli nocicettivi epicritici (localizzazione e riconoscimento dello stimolo nocicettivo come doloroso) e protopatici (riconoscimento dell'intensità del dolore) e, collegandosi alla PAG, attiva la via discendente inibitoria.

Fascio spinoreticolare

Il fascio spinoretiolare ha le cellule di origine nelle lamine VII e VIII (nucleo intermedio) del midollo, frammiste alle cellule di origine del fascio paleo-spinotalamico e del sistema ascendente multisinaptico. Queste cellule emettono fibre di piccolo calibro che, latrici di stimoli nocicettivi protopatici, costituiscono il 20% del lemnisco spinale; esse, in parte decussandosi sulla linea mediana e in parte ascendendo omolateralmente, decorrono nella parte più mediale del lemnisco spinale e terminano su vari nuclei reticolari e sulla PAG mesencefalica. A loro volta, i nuclei reticolari cui fanno capo le fibre del fascio spinoreticolare proiettano sul talamo mediale.

La via extralemniscale

Un’ulteriore via nocicettiva centrale è la via extralemniscale o sistema ascendente multisinaptico costituita dalle fibre propriospinali (fascicoli propri), dalla formazione reticolare e dalle connessioni reticolo-ipotalamo-talamo-limbiche. Nel fascicolo proprio laterale decorrono le fibre reticolo spinali che regolano molte funzioni vegetative e l'automatismo degli atti respiratori ma non vi sono probabilmente fibre che veicolano le informazioni nocicettive. Queste fibre decorrono nel fascicolo proprio anteriore e soprattutto in quello posteriore cioè in quel “tratto cornucommissurale” che sale dietro la commissura grigia, alla base dei cordoni posteriori, tra le corna dorsali del midollo. Il sistema ascendente multisinaptico è costituito da una catena di brevi neuroni che, collegati in polisinapsi longitudinali, hanno il corpo cellulare nella parte mediale delle lamine più profonde del corno dorsale del midollo e nella Lamina X. Queste cellule ricevono l'input da nocicettori profondi, particolarmente dalle strutture mediane del corpo e inviano brevi assoni che, percorsi uno o due metameri, rientrano nelle medesime lamine ad un livello superiore per collegarsi ad altri neuroni che ripetono lo stesso schema anatomico e proiettano infine sulla formazione reticolare troncale. Da questa sede, la via extralemniscale proietta sui corpi mammillari da dove origina il fascio mammillotalamico, sul sistema limbico attraverso il medial forebrain bundle (MFB) e sui nuclei intralaminari del talamo.

Le vie nocicettive accessorie

In particolari situazioni il dolore può essere condotto da vie alternative. Per esempio, dopo la cordotomia è talvolta possibile la percezione del dolore nell'area analgesica perchè si “aprono” vie sussidiarie che comprendono vie per la conduzione del dolore epicritico (cordoni posteriori e fascio spinocervicale) e protopatico (tratto di Lissauer).

Cordoni posteriori

Il maggior contingente delle fibre dei cordoni posteriori è costituito dai prolungamenti centripeti dei neuroni di primo ordine che hanno il pirenoforo nel ganglio della radice dorsale e veicolano informazioni tattili e propriocettive epicritiche, costituendo i fascicoli gracile e cuneato. Oltre a questo principale contingente di fibre nervose, nei cordoni posteriori vi sono anche vere e proprie fibre nocicettive che, come neuroni di secondo ordine con pirenoforo nel corno dorsale del midollo, salgono omolateralmente, davanti al fascio degli afferenti primari, per raggiungere i nuclei dei cordoni posteriori nel bulbo. Le fibre efferenti da questi nuclei attraversano la linea mediana e, con il lemnisco mediale, raggiungono il nucleo ventro-postero-laterale del talamo.

Fascio spino-cervicale

Il fascio spino-cervicale è un'ipotetica via accessoria per la conduzione del dolore epicritico. Esso è ben sviluppato nel gatto dove sembra che il quadrante posterolaterale sia più importante dell'anterolaterale per quanto concerne la conduzione delle informazioni nocicettive e che il fascio spino-cervicale sia l'omologo del fascio neo-spinotalamico nell'uomo. Nell'uomo la presenza del fascio spino-cervicale non è costante e nulla di preciso si sa circa l'origine di queste fibre: la lesione del quadrante postero-laterale provoca, però, la cromatolisi di neuroni del nucleo proprio omolaterale che potrebbero costituire i neuroni di origine di questo fascio. Sembra che il fascio spino-cervicale salga nel funicolo dorsolaterale omolaterale per raggiungere il nucleo cervicale laterale a livello di C1-C2 e che i neuroni di questo nucleo, a loro volta, proiettino controlateralmente nel quadrante anterolaterale del midollo per raggiungere il nucleo ventro-postero-laterale del talamo.

Tratto di Lissauer

Il tratto di Lissauer sale omolateralmente e appena dietro l'ingresso del primo neurone nel midollo spinale e coincide con la zona terminale di Lissauer (che ne costituisce una sezione trasversa). Esso si estende per tutta la lunghezza del midollo continuandosi rostralmente nel tratto spinale del trigemino ed è costituito dalle fibre della divisione laterale della radice dorsale che si biforcano in un ramo ascendente ed uno discendente (ciascuno dei quali emette collaterali dirette al corno dorsale del midollo) e da fibre derivate da neuroni della sostanza gelatinosa che entrano nel tratto di Lissauer e, percorrendovi pochi millimetri, collegano le parti adiacenti della zona periferica del midollo come “interneuroni a circuito locale”. Ciascuna di queste corte fibre spino-spinali, pur avendo singolarmente un percorso molto breve, contribuisce a formare una via ascendente in quanto si associa ad altre fibre della stessa natura il polisinapsi longitudinali.

Terzo neurone

Il terzo neurone ha sede nel talamo a livello dei nuclei dorsomediale (DM), ventro-postero laterale (VPL) e ventro-postero mediale (VPM) che proiettano sulla corteccia. Gli altri nuclei talamici che ricevono afferenze nocicettive sono il centrolaterale (CL), il parafascicolare (Pf) e il centromediale (CM) che costituiscono il complesso dei nuclei intralaminari (NIL): essi non proiettano direttamente sulla corteccia ma sul nucleo DM che, a sua volta, proietta sulla corteccia.

Quarto neurone

Il quarto neurone nocicettivo ha sede nella corteccia. I neuroni nocicettivi specifici e gli WDR neurons non si trovano solo a livello midollare ma anche a livello talamico e della corteccia. Nella corteccia vi sarebbero aree distinte, deputate rispettivamente al riconoscimento delle componenti sensoriale-discriminativa, affettiva motivazionale e cognitiva-valutativa del dolore [Treede et al.1999].

Per quel che concerne il riconoscimento della componente sensoriale-discriminativa, a livello corticale, sono state indetificate due aree chiamate somatosensoriali: la “primary somatosensory area” (SI) e la “secondary somatosensory area” (SII).

La SI è la più estesa e la più importante per il riconoscimento della componente sensoriale-discriminativa del dolore [Lamour et al.1983, Kenshalo and Isensee 1983] e per la localizzazione degli stimoli tattili. Essa si trova lungo il solco centrale ed è suddivisa in 4 aree secondarie, delle quali la 3, posta nella circonvoluzione post-centrale del lobo parietale o solco post-centrale, riceve le afferente nocicettive. Quest’area si prolunga dalla superficie laterale del lobo parietale a quella mediale ed è organizzata somatotopicamente: in essa il ristretto campo recettoriale dei neuroni (ancora più piccolo di quello dei neuroni nocicettivi spinali e talamici [Treede 1999]) consente di individuare con precisione la parte del corpo dov’è applicato lo stimolo nocicettivo [Lamour et al.1983]. In altre parole, vi sarebbe nella corteccia del giro post-centrale una mappa delle varie regioni corporee e, anche se le potenziali implicazioni cliniche non sono ancora chiarite, già mezzo secolo fa Marshall [1951] aveva osservato che un circoscritto danno della corteccia parietale provoca la perdita della capacità di riconoscere lo stimolo doloroso applicato nella regione somatica corrispondente. Che una siffatta somatotopia esista nell’area SI è confermato indirettamente dagli studi con la positron emission tomography (PET) che hanno evidenziato un’aumentata perfusione dell’area SI dopo la stimolazione termica nocicettiva condotta su variabili aree somatiche puntiformi [Talbot et al.1991, Casey et al.1994]: tale risposta manca quando è stimolata allo stesso modo sempre la stessa area [Jones et al.1991]. Molto meno importante per quel che concerne il riconoscimento della componente sensoriale-discriminativa del dolore è la secondary somatosensory area (SII) [Dong et al.1989, 1994].

Per quel che concerne il riconoscimento della componente affettivo-motivazionale del dolore (comportante la sgradevolezza dell’esperienza che viene interpretata come “sofferenza” ed avvia i meccanismi di evitamento dello stimolo causale), sarebbero responsabili di questo aspetto gli stimoli che percorrono le vie paleo-spinotalamiche poste nella porzione mediale del quadrante anterolaterale del midollo ed a livello corticale la anterior cingulate cortex che è parte del lobo libico [Sikes e Vogt 1992, Yamamura et al.1996], l’insula e l’amigdala.

http://www.winalgos.com/Conoscenza%20dell%E2%80%99anatomia%20del%20sistema%20algico.htm


Ultima modifica di Aida il Gio 05 Apr 2012, 10:54 - modificato 2 volte.
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Gio 03 Nov 2011, 03:13
Dolore o contatto fisico: trentacinque settimane per imparare la differenza
Quando iniziamo a comprendere la differenza tra contatto fisico e dolore ? La risposta arriva da un gruppo di ricercatori dell'University College di Londra, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista Current Biology . La capacità di distinguere tra uno stimolo doloroso e un semplice contatto si colloca a cavallo fra la 35a e la 37a settimana di gestazione.
E’ un risultato che può essere molto importante nel trattamento e la cura di neonati prematuri, che spesso mostrano una sensibilità al dolore differente da quelle normale.
Poiché un neonato non può esprimersi chiaramente con le parole e quindi non può dire esattamente quando una sollecitazione gli porta dolore o no, i ricercatori hanno esaminato le registrazioni elettroencefalografiche della loro attività cerebrale.
“I bambini prematuri che hanno meno di 35 settimane hanno risposte cerebrali simili di fronte a un'esperienza tattile o dolorosa - spiega Rebeccah Slater, che ha partecipato alla ricerca - successivamente il cervello inizia a elaborare i due tipi di stimoli in modo distinto”.
Studi recenti hanno sottolineato l’importanza, durante la formazione dei circuiti cerebrali, di caratteristiche “esplosioni” di attività neuronale, spontanea ed evocata, in uno schema che nell’adulto si trasforma nella risposta a degl’input sensoriali.
L'analisi dell'EEG dei neonati dimostra che il cervello inizia a produrre risposte diversificate fra il semplice tocco e uno stimolo doloroso a un’età compresa tra le 28 e le 45 settimane di gestazione. “La leggera ripetuta stimolazione nocicettiva del tipo usato in questo studio è parte della normale terapia intensiva neonatale - afferma Lorenzo Fabrizi, autore della ricerca - La nostra scoperta, che il tocco della lancetta al tallone aumenta l'attività neuronale esplosiva nel cervello fin dalla più tenera età, solleva la possibilità che l'eccesso di questo tipo di input sensoriali possa turbare la normale formazione dei circuiti corticali, - continua l’esperto - e che questo sia un meccanismo sottostante a conseguenze a lungo termine nello sviluppo neurologico e in particolare all'alterata reazione al dolore nei bambini nati pretermine”.
Fonti: http://www.cell.com/current-biology/abstract/ http://lescienze.espresso.repubblica.it http://www.edizionioggi.it/cronaca/2011/

Identificato il gene responsabile del dolore cronico
La colpa del dolore persistente è di un gene scritto nel nostro codice ovvero HCN2, responsabile del dolore cronico ma non di quello acuto. La scoperta, che apre le porte a nuove e più efficaci terapie antalgiche è frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori inglesi dell'Università di Cambridge ed è stato pubblicata sul magazine Science.
La scoperta ha vaste implicazioni in campo medico e potrebbe portare alla sintetizzazione di farmaci in grado di fermare la proteina prodotta dal gene HCN2 e quindi portare notevoli benefici anche nei piccoli dolori della vita quotidiana.
Gli scienziati inglesi che si sono occupati della ricerca hanno isolato il gene in questione dai nervi deputati alla percezione del dolore nei topi e li hanno stimolati elettricamente per verificare il loro comportamento in assenza dell’HCN2. Inoltre, hanno analizzato alcune cavie geneticamente modificate a cui il suddetto gene era stato del tutto eliminato. Sottoposti a stimoli dolorosi, i ricercatori hanno potuto appurare che in assenza del gene il dolore non si sviluppa. In realtà, il dolore è di due tipi: quello di tipo infiammatorio tipico delle artriti e delle ustioni e che alla fine danneggia le terminazioni nervose. E quello neuropatico che si verifica quando i nervi sono danneggiati. E’ proprio sulla seconda tipologia di dolore persistente che si è concentrata la ricerca, perché tra l’altro è quello più comune, a più lunga durata e più resistente ai farmaci attualmente in circolazione. "Abbiamo indagato su come spegnere il gene HCN2 per bloccare il dolore neuropatico, tipo di dolore cronico che si manifesta quando i nervi che trasmettono gli stimoli dolorosi risultano danneggiati - afferma Peter McNaughton, primo autore dello studio – con il mio team siamo riusciti a inibire il funzionamento del gene in un gruppo di topi, liberandoli dal dolore neuropatico cronico senza però impedire loro di avvertire dolori acuti - meccanismo indispensabile per evitare danni accidentali". Fonti: http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Scienza_e_salute/ecco-gene-dolore-cronico/12-09-2011/1-A_000246599.shtml http://www.asca.it/news-SALUTE__PER_BLOCCARE_LE_NEUROPATIE_SPEGNERE_UN_GENE-1048963-ORA-.html http://www.sciencemag.org/search?site_area=sci&y=5&fulltext=HCN2&x=42&submit=yes

Terapia del dolore: la chiave del successo è nel DNA
I nostri geni influenzano la percezione del dolore e, di conseguenza, la risposta ai farmaci che servono per calmarlo. A studiare la correlazione tra Dna e la soglia del dolore sono stati i ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, in collaborazione con l’Università Norvegese di Scienze e Tecnologia di Trondheim.
Quest’analisi genetica, condotta su oltre 1000 pazienti trattati con farmaci, ha messo in luce per la prima volta l’esistenza di varianti relative a geni che controllano la trasmissione del segnale nervoso del dolore. Tra le otto variazioni individuate, importanti sembrano essere quelle che coinvolgono il gene RHBDF2, che ha una funzione ancora sconosciuta, e il gene SPON1, che regola la produzione di una proteina che favorisce l’adesione delle cellule nervose sensoriali e la crescita di neuriti, una sorta di “prolungamenti” dove passa l’impulso nervoso.
“L'aspetto originale del programma di ricerca – afferma Augusto Caraceni, direttore della Struttura di cure palliative e terapia del dolore dell’Istituto Nazionale dei Tumori - è stato di cercare di affrontare il problema della risposta agli oppioidi combinando la variabilità clinica con quella genetica”.
“Questa ricerca – aggiunge Tommaso Dragani, responsabile della struttura di Basi molecolari del rischio genetico e modelli poligenici dell’Istituto Nazionale dei Tumori - apre la strada a ulteriori studi che aiuteranno a tagliare su misura la terapia del dolore per ogni paziente con neoplasia».
Lo studio, condotto in collaborazione tra 17 centri ospedalieri di 11 paesi europei e pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Clinical Cancer Research, edita dall’American Association for Cancer Research, è il primo lavoro ad aver analizzato l’intero genoma dell’uomo e non solo alcuni specifici geni.
Jeffrey Mogil, dell’Università McGill di Montreal (Canada) ha fatto le prime rivelazioni grazie a risonanza magnetica funzionale, registrando quale area del cervello si “eccitava” nell’ istante in cui volontari sani venivano sottoposti a stimoli dolorosi di diverso tipo. La seconda rilevazione è avvenuta invece studiando i topi (il cui genoma differisce solo di un 3% da quello umano). Il tipo di percezione del dolore che ognuno ha dipenderebbe quindi sia dai geni sia da fattori ambientali e psicologici o emotivi. Questi influenzano anche la risposta di alcuni soggetti ai farmaci antidolore.


Fonti: http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/
http://www.vivereinarmonia.it/benessere/


Ultima modifica di Aida il Gio 05 Apr 2012, 10:54 - modificato 1 volta.
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Gio 03 Nov 2011, 04:11
Tenete l'audio molto basso o mute poiché il suono è inquietante ;)



Per questi altri due video invece ascoltate bene ;)
Dolore nocicettivo:



Dolore neuropatico:

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Gio 03 Nov 2011, 04:53
Come distinguere i luoghi comuni dalla realtà
Neanche il miglior medico può sapere cos'è il dolore fisico come coloro i quali ne sono vittime. Solo il paziente, infatti, può dire se la terapia alla quale è sottoposto è efficace o meno nel controllare il dolore. Ed è per questo che, quando la terapia del dolore non sta dando il sollievo necessario, è importante parlarne con un medico, un infermiere e i familiari.

Non bisogna avere timore di parlare del problema.
Annotare in un diario l'esperienza personale, è un modo per ricordare dettagli importanti che possono tornare utili nel dialogo con il medico.
Per poter tenere sotto controllo il dolore, è necessario affrontare il problema senza alcun timore.

Molte persone non cercano alcun sollievo contro il dolore o evitano di parlarne col medico.
Spesso, preferiscono il silenzio perché non capiscono la vera natura del dolore cronico o hanno paure ingiustificate a proposito delle cure:

"Ho paura di assuefarmi ai farmaci per il dolore e di non poterne più fare a meno".
Le ricerche in questo campo hanno dimostrato che, quando assunti con criterio, i farmaci portano sollievo senza dare assuefazione.

"Se la terapia che sto seguendo non funziona, devo rassegnarmi a convivere con il dolore".
Questo non è necessariamente vero. Dovrete essere sinceri con voi stessi e capire quanto impatta realmente il dolore cronico sulla vostra vita. Chiedete al medico quali siano le terapie disponibili. Se una determinata terapia non dovesse apportare benefici, un'altra invece potrebbe essere efficace. Si possono inoltre gestire o prevenire molti degli effetti secondari dovuti alle terapie del dolore.

"Penseranno che sono una persona debole perché non sono in grado di sopportare il dolore e devo farmi aiutare dal medico"
Alcune persone credono che una vita vissuta sopportando il dolore sia un segno di forza e che cercare aiuto sia un segno di debolezza. Non bisogna lasciare che questi luoghi comuni impediscano al paziente di consultare e parlare delle possibili soluzioni terapeutiche per alleviare il dolore. È possibile trovare aiuto e sollievo, ma solamente se si è disposti a parlare apertamente di questo problema.

Se la terapia attuale non dà il sollievo desiderato o se causa effetti secondari che impediscono di svolgere le attività quotidiane o peggiorano la qualità di vita, il dialogo con un medico si rende necessario. Il medico in questo caso potrà regolare il dosaggio del farmaco, prescrivere un altro farmaco per ridurre gli effetti secondari oppure proporre delle alternative.

Se questo approccio non ha successo, il medico potrà segnalare uno specialista nel campo del dolore o consigliare una terapia del dolore. Le strutture che si occupano di terapie del dolore sono state create negli ultimi anni proprio per far fronte alle esigenze di chi soffre di dolore cronico, che possono ora avvalersi di medici altamente specializzati che lavorano in team che comprende: Medici specialisti (Anestesisti, Algologi, Neurologi, Ortopedici, Chirurghi Vascolari, Diabetologi, Fisiatri, ecc.) fisioterapisti, infermieri, addetti al sostegno psicologico del paziente e/o psicologi..

Questo approccio multidisciplinare è stato sviluppato perché si è riconosciuto che il dolore cronico coinvolge differenti aspetti della vita del paziente. In queste circostanze la strada verso un maggiore benessere passa attraverso una combinazione di terapie.
Fonte: http://www.dolorecronico.org/dolore_cronico.htm del dr. Enzo Primerano
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Gio 03 Nov 2011, 05:00
Nel dolore nocicettivo il dolore non coinvolge direttamente il cervello:



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Gio 03 Nov 2011, 16:43
Che cos’è il dolore neuropatico?
Il dolore rappresenta una delle quattro reazioni naturali con cui il nostro corpo ci comunica la presenza di disfunzioni o di un danno provocato da fattori esterni. Il dolore acuto (descritto anche come dolore a breve termine) costituisce in genere un segnale di allarme ed è indispensabile in quanto ci protegge da eventi pericolosi (come le scottature) e segnala la presenza di ferite e infezioni. Il dolore acuto, allorché è palesemente associato a una lesione e scompare con la guarigione del danno, dura generalmente meno di un mese. Quando però il dolore continua anche dopo la cicatrizzazione o la guarigione della lesione, diventa un dolore cronico e rappresenta un problema rilevante per chi è costretto a convivere con esso.
Il dolore nevralgico è un dolore cronico che può essere provocato sia da un danno ai nervi che generalmente rilevano il dolore, sia da una lesione ad una parte del sistema nervoso che trasmette i segnali di dolore, come il midollo spinale o il cervello.
Questo tipo di dolore, chiamato dolore neuropatico, non svolge il ruolo protettivo del dolore acuto e deve essere diagnosticato e trattato in maniera corretta.

Quali sono le cause del dolore neuropatico?
Numerose patologie possono danneggiare i nervi in modo diretto e determinare quindi il dolore neuropatico, come nel caso della sclerosi multipla o delle lesioni provocate da un incidente. Un’altra causa accertata di dolore neuropatico è l’amputazione di un arto (dolore all’arto fantasma).
Il dolore neuropatico può essere anche una complicanza, relativamente frequente, di altre condizioni associate al sistema nervoso. Queste condizioni sono, tra le altre, il diabete, l’herpes zoster (o infezione di Sant’Antonio) e la lombosciatalgia cronica. Ecco perché il dolore neuropatico può essere all’origine del dolore cronico più frequentemente di quanto spesso si pensi.

Fonte: http://www.doloremisterioso.it/sites/PfizerNeP/Italy/Pages/WhatisNeP.aspx

Dolore bruciante: il dolore assomiglia a una lunga sensazione bruciante, come un fuoco

Dolore formicolante: il dolore assomiglia a un formicolio sotto o a fior di pelle ("camminamento di insetti")

Dolore lancinante: il dolore assomiglia a una lama che affonda nella carne

Dolore folgorante: il dolore assomiglia a una scossa elettrica

Dolore freddo: il dolore assomiglia a un senso di gelo, un senso di gelo nelle ossa
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